R Recensione

9/10

Loney, Dear

Loney, Noir

Il disco che aspettavi ti capita tra le mani così, senza preavviso, mentre stai a guardare nelle bacheche virtuali i grandi nomi in attesa della sospirata release ufficiale, distratto: ti prende alle spalle, ti agguanta, e non ti lascia più andare.

Un nome che non ti dice niente, Loney, Dear, i soliti svedesini da cui ti aspetti Smiths, twee, electro pop e poco più, una copertina né bella né brutta, fari nella notte riflessi in uno specchietto retrovisore. E quasi non fai caso al nome dell’etichetta, la solita Sub Pop, una volta simbolo del grunge di Seattle e ora faro dell’indie pop.

Sinister in a State of Hope attacca e ti ritrovi inchiodato alla sedia: pensi al Neil Young più affranto, nudo, romantico, risenti i Grandaddy, spogliati dei loro gingilli lo-fi, ti ricordi dei meravigliosi, ultimi Robot Ate Me, ma li ritrovi con un cuore più grande. Un cuore grande, e spezzato.

Un pezzo solo, e ti hanno già conquistato. Una manciata di note e sei già loro. Quando ascolti il twee di I Am John, sorridi beato, che non ti ricordavi che melodie così esistessero ancora, ti chiedi dove fossero stati nascosti, questi Loney Dear, da quale meraviglioso pianeta provengano.

Quando parte Saturday Waits quasi li odi, che questo disco è un’operazione a cuore aperto, un esperimento irresponsabile sulle tue coronarie: commosso, ti ricordi perché un bel giorno hai spento la radio e hai cominciato ad ascoltare oscuri gruppi indie pop, riscopri come un falsetto, a volte, possa essere una stilettata al cuore, altro che malanni del sabato sera.

Di Hard Days adori e abbracci l’apparente banalità, e quando arriva il refrain scopri che il già sentito a volte è una maledizione affascinante e necessaria. Gli schemi razionali sono definitivamente saltati, il tuo livello critico pari a quello di una groupie delle più accanite.

Non importa che da lì il disco si adagi su una piacevolezza un po’ più canonica, un po’ meno fuori dalle righe. Servono pezzi per sbollire la sbornia emozionale di quei primi pezzi: provvedono brillantemente la bella I Am The Odd One, quasi un outtake di The Robot Ate Me, il classicismo pop di I Could Say, il walzer delicato di I Will Call You Lover Again.

E poi Carrying a Stone obliqua e romantica, The Meter Marks Ok sconsolata e barocca e la concessione più generosa al lo-fi dei Nonnetti, una And I Won’t Cause Anything At All che suona come suonerebbe il gruppo di Modesto se avesse passato un mese immerso in un barattolo di miele.

Ti spazza via il cinismo, un disco così, ti fa buttare nel cestino etichette, rimandi, targhette e mode. La sua bellezza è direttamente proporzionale alla sua semplicità, la sua espressività emotiva funzione della sua modestia: e se sentendolo non provate niente, guardatevi indietro, che strada facendo forse, insieme a qualche annetto di troppo, avete smarrito anche il cuore

C Commenti

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DonJunio (ha votato 7 questo disco) alle 11:46 del 6 febbraio 2007 ha scritto:

ottima recensione. Anche io ci vedo tanto dei Grandaddy, sia per la voce, che per certe visioni californiane, e scorgo pure echi dei primi belle and sebastian, quelli di "tigermilk" tanto per intenderci...è un progetto dotato di una fantasia e di un magnetismo che a mio avviso fa eludere molte trappole dell'indie pop, ossia l'autoindulgenza e la soffice pallosità....tra questi solchi la noia è davvero sconosciuta.

DonJunio (ha votato 7 questo disco) alle 11:47 del 6 febbraio 2007 ha scritto:

ma sì, siamo generosi..un bell' 8 ci sta tutto

target (ha votato 7 questo disco) alle 14:44 del 6 febbraio 2007 ha scritto:

interessante davvero, copertina assurda

Nadine Otto (ha votato 9 questo disco) alle 23:58 del 6 febbraio 2007 ha scritto:

Bellissimo disco davvero! "Sinister in a state of hope" e "I will call you lover again" sono veri goielli.

Ci vedo anche tanto di The Robot Ate me, però per arrivare alla perfetta omogenità di Carousel Waltz manca il tocco finale. Risentiti "Where love goes" e "Lately" e dimme se questi non spezzano il cuore?!

Comunque grazie per averli scoperti!

Marco_Biasio (ha votato 8 questo disco) alle 22:53 del 7 febbraio 2007 ha scritto:

Mmm...

Un pensierino ce lo faccio...

Enrico Venturi alle 0:22 del 8 febbraio 2007 ha scritto:

Beh, se è in testa alla classifica dei migliori del 2007, bisognerà pur ascoltarlo...

Alessandro Pascale (ha votato 7 questo disco) alle 15:28 del 7 marzo 2007 ha scritto:

Niente male davvero

Finalmente ascoltato l'ho trovato molto interessante. Ottimo pop con arrangiamenti ben curati e una particolare predisposizione per atmosfere spaziali-eteree (azzeccati i Grandaddy). Voto finale sarebbe 7,5 per me.

lovemetwee (ha votato 7 questo disco) alle 11:40 del primo aprile 2007 ha scritto:

^_^

ALLORA: La recensione è molto passionale, si vede che il recensore è molto affezionato al genere di cui parla, e, personalmente, avendo gusti similari devo dire di essere stato coinvolto e invogliato ad ascoltare un disco che forse avrei distrattamente lasciato da parte. Daltro canto qualcosa nella voce non mi convince.. ma è solo questione di sensazioni personali.

ozzy(d) (ha votato 8 questo disco) alle 19:29 del 23 aprile 2007 ha scritto:

oh, yes!

condivido gli entusiasmi che avevo scovato in questa pagina e sono convinto di aver fatto bene a procurarmi questo disco..un gioiellino davvero, molto affine ai primi belle and sebastian ma senza quella patina un po' snob da "ho-passato-l'adolescenza-ad-ascoltare-gli-smiths" che spesso permea buona parte delle produzioni britanniche....

target (ha votato 7 questo disco) alle 17:12 del 2 maggio 2007 ha scritto:

dopo l'ascolto

Quoto in toto lovemetwee. La voce mi crea qualche difficoltà, ma il disco è ben confezionato.

Marco_Biasio (ha votato 8 questo disco) alle 21:59 del 9 maggio 2007 ha scritto:

Hmm...

Ne ho ascoltato un pezzettino. Così, a primo acchito, mi piace. Twee-pop fatto bene, con classe, deliziosi gli arrangiamenti. Per adesso, un 8 buono.

ivanluprano (ha votato 9 questo disco) alle 19:54 del 24 maggio 2007 ha scritto:

sognanti e un pò di quel malinconico introspettivo,quel che mi colpisce è che nessuno abbia sentito l'influenza dei midlake...

fdrulovic (ha votato 4 questo disco) alle 18:33 del 29 maggio 2007 ha scritto:

Che sonno....

Un disco "manierista", dovrebbe sprigionare spensieratezza nei brani piu' "yeah yeah" e malinconia in quelli piu' riflessivi.Ed invece è solo noia caramellata.Per i "golosi" di questo tipo di indie un po' abusato

Truffautwins (ha votato 7 questo disco) alle 3:06 del 21 ottobre 2008 ha scritto:

Non è un capolavoro ma....

Sento echi di Sodastream e Geneva. Non male gli intrecci melodici, e la scelta di un basso profilo non nuoce, anche se contrasta con la voce troppo squillante. Un lavoro dignitoso ma non particolarmente originale.

Apprezzabili Saturday Waits e Sinister in the State of Hope anche se si assomigliano un pò troppo. Eccessiva la valutazione, non è un capolavoro.