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R Recensione

7/10

Mazes

A Thousand Heys

Indie pop nella sua espressione più pura: così potremmo definire i Mazes, brillante e giovanissimo trio di Manchester (Jack Cooper, voce e chitarra; Neil Robinson, batteria; Jarin Tabata, chitarra; Conan Roberts, basso), che dopo un paio d'anni di autorevoli collaborazioni e di palchi condivisi con gente importante (Deerhunter, Dum Dum Girls) debutta su LP con questo “A Thousand Heys”, opera prima messa su disco nella città natale lo scorso 11 Aprile.

Immaginate di preparare un bel minestrone a base di Pavement e Blur, con tanto di british-invasion presa di petto (ammiccamenti evidenti ai fratelli Davies), e poi magari un pizzico di New York Dolls, Big Star, Velvet e Tom Verlaine (l'eco “secco” della sua chitarra è sparso qua e là), qualche goccia di punk e melodie tanto orecchiabili e gustose da evocare lo spettro dei Fab Four.

Ecco, immaginate un calderone simile e vi farete un'idea approssimativa di ciò che sono i Mazes: talento melodico piuttosto avvincente (pur con qualche inevitabile e perdonabile passaggio a vuoto) miscelato con la capacità di trarre ispirazione da tutta la migliore storia del pop, alternativo e non; attraversando con disinvoltura l'Atlantico, e stringendo amiciza tanto con la tradizione indie americana (non solo echi dei Pavement, ma anche e forse soprattutto di punk-poppers con i Superchunk e Lemonheads) quanto con la più robusta tradizione anglosassone ed il suo smaccato gusto per la melodia.

L'introduttiva title-track, in tal senso, con il suo ritornello appiccicoso ed il giro di basso sincopato e quasi McCartney-ano, è forse il pezzo più emblematico dello stile della band.

In ogni caso, è tutto il disco che scorre leggero ed asciutto: per dire, “Bowie Knives” è pop scintillante che regala un tema brillante e quasi degno di certe cose del Duca evocato dal titolo; la successiva, brevissima (come quasi tutti i brani) “Summer Hits or J+J don't like” è altrettanto briosa e colorata.

Sul versante malinconia (quasi un Neil Young che entra di soppiatto e divertito in casa brit-pop, se mi viene concesso) discrete sono “Cenetaph” e la splendida “Death House” (per chi scrive il vero gioiello del disco).

Volendo trarre le conclusioni, trattasi di lavoro discreto che pone le basi per un promettente futuro, e che sa alternare con furbizia momenti malinconici a scariche elettriche notevoli: consigliato quindi per questi assolati pomeriggi di luglio, non sia mai che ci scappi la canzone della nostra estate.

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ozzy(d) alle 13:08 del 19 luglio 2011 ha scritto:

"quasi un Neil Young che entra di soppiatto e divertito in casa brit-pop, se mi viene concesso)". No, un accostamento così blasfemo non ti viene concesso ghghghgh