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R Recensione

7/10

Papercuts

Life Among The Savages

Non è facile suonare un indie pop riconoscibile ma ormai si può dire che Jason Robert Quever, ossia Papercuts, dopo una quindicina di anni, ci sia riuscito, e in “Life Among The Savages”, pubblicato per la novellina Easy Sound (un nome un programma), ribadisce il concetto e rinnova il repertorio migliore, dopo tre anni di silenzio.

E così ci si ritrova tra melodie calde e oscillanti in vaghe nostalgie sommerse da strati sonori sempre molto spessi, glassati di violini e piani che tramano reti scure sotto i pezzi, tra mellotron velenosi e bassi belli larghi e nascosti nella vegetazione. Top sono “Still Knocking At The Door” e “New Body”, dove anche la batteria aiuta a creare suoni incavati e autunnali, mentre spetta soprattutto agli archi e agli arpeggi di acustica lanciare il ritornello della title-track, dritto tra gli hook di Papercuts più riusciti, tanto da essere poi ricalcato quasi in salsa folk (sugli ossimorici «I choose war» ripetuti nel finale), con contributi nell’arrangiamento di Alex Scully (Beach House).

C’è qualche momento più piatto, avanzando nel disco (“Staring At The Bright Lights”, “Psychic Friends”), ma il complesso è all’altezza del precedente “Fading Parade”, con momenti più spiccatamente psych-pop dove l’acustica raspa più ruvida del solito (“Family Portrait”) che si alternano a ballate di malinconie, introverse e gloriose assieme (vd. i «la la la la la la» in coda ad “Afterlife Blues”). Gloria come quella di una frase di piano ripetuta per cinque minuti, senza venire a noia (“Easter Morning”).

Le conferme che confortano.

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