Peter Piek
Cut out the dying Stuff
Tutti siamo stati almeno una volta a Barcellona, e molti di noi, viaggiatori squattrinati obbligati a volare con Ryanair, saremo atterrati allaeroporto di Girona per poi sorbirci unora e mezza di pullman fino al capoluogo catalano. Pochissimi, i più curiosi, avranno invece rinnegato Barcellona per godersi la città aeroportuale, oramai considerata un gioiellino della Costa Brava. Girona rappresenta la serendipità del turista, che trova una città preziosa non cercata ed imprevista mentre sta andando a visitarne unaltra. È forse anche per questo che Peter Piek ha dedicato una canzone alla città, mentre a noi ha regalato un disco che rappresenta in toto la serendipità di cui abbiamo parlato pocanzi: trovare un disco favoloso mentre se ne sta ascoltando un altro.
Oltre che musicista, il trentatreenne Piek è innanzitutto pittore, influenzato dallimpressionismo cubista di Karl Schmidt-Rottluff e dalla fashion art di Ari Fuchs; nonostante ciò, Cut out the dying stuff rappresenta il terzo album del nostro, dopo lesordio di Say hello to Peter Piek e il seguito di I paint it on a wall. Lo stile, stravagante ed indie a un tempo, si immerge nellopera di Nick Drake, o in quella dei R.E.M., di Pete Townshend, dei Blur o, più in generale, nel fenomeno del britpop. È questo un disco allegro e coloratissimo come un disegno di Keith Haring, pieno di variazioni cromatiche come unopera di Ernst Wilhelm Nay, sintetico ed iconico come la Marilyn Monroe di Andy Warhol.
I momenti musicali da citare stanno nella già citata opening di Girona, straordinario inno damore urbano con Matt Hopper alla chitarra; nella title-track, ritmica e ritmata, con Peter Piek che si fa aiutare dalle backing vocals di Danny Malone; in Left room, ballata classica ma amorevole; in If this is the end, velocissima ballad indie rock con Leif Ziemann al basso; in Analyse, interamente cantata in tedesco, lingua in apparenza poco incline al rock; in Ti O O, canzone della tradizione taiwanese che parla di nonni, pesci e litigi (?); in Green, performata live assieme a Nanna Schannong; infine in Alive, la canzone che più di tutte rappresenta quellidea di circolarità audiovisiva tanto cara al nostro autore.
Cut out the dying stuff è uno di quei dischi che in Europa girano con notevole facilità, in quellideale entroterra che va dai Pirenei alla Repubblica Ceca. Questo disco ha bisogno di locali piccoli e compatti, frequentati da aficionados, gustando magari una birra media mentre Peter Piek, con la voce androgina e una band di tutto rispetto, esegue dal vivo lintera tracklist del disco. Sarebbe davvero una serata perfetta. Sarebbe
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