The Drums
Portamento
I Drums sono un lampante fenomeno di costume. La cura verso lo stile è maniacale, costringendoci a riesumare un approccio sottoculturale caro ai decenni passati. Si parla in questo caso di hipsters, di hipsters da spiaggia. Hipsters da spiaggia in salsa indie, ecco.
Elenchiamo gli ingredienti: un'impeccabile attenzione alla forma (il look della band è curato nel dettaglio, dal taglio di capelli, alla marca delle scarpe, alla maniera di portare i pantaloni a sigaretta con calzini bianchi in vista...) unita alle pose spensierate e leggere dell'indie, il tutto mescolato alle sonorità surf-pop che caratterizzano da sempre il gruppo newyorkese (Let's Go Surfing: un manifesto di lifestyle).
Però c'è qualcosa di più, qualcosa che la naïveté modaiola (tanto cittadina, pensandoci) da sola non riesce ad esaurire. I Drums sembrano aver affinato il sound nel tentativo di smentire le prime impressioni di band “usa e getta”. Le ambizioni si sono fatte più complesse e diversificate e il nuovo lavoro di Jonathan Pierce e soci evolve verso una scrittura più raffinata e verso un senso compositivo maggiormente coeso e personale.
Lo si capisce grazie a trame melodiche dove la cura è maggiormente rivolta agli intrecci armonici (coretti, immissioni elettroniche, fraseggi chitarristici, tutti elementi gravitanti attorno ad un nucleo di schietta immediatezza espressiva) e ad un mood un po' meno solare di quelli degli esordi. Book of Revelations esprime perfettamente la maturazione artistica del gruppo, mettendo in risalto gli elementi sopra esposti, oltre ad un songwriting dai piacevoli rivolgimenti morriseyiani (“and I believe/ that when we die we die/ so let me love you tonight”). Da qui in avanti la capacità di incasellare un potenziale singolo dopo l'altro è notevole: la malinconica e ciondolante ballata da spiaggia Days, l'incalzante What You Were, col suo policromatico senso della melodia e della composizione, lo splendido singolo Money, una sorta di Let's Go Surfing dotata di inarrestabili pulsioni smithsiane tanto nelle liriche (“I want to buy you something / but I don't have any money”) che nel ricercato mood sonoro, l'elettronica giocosa di Hard to Love e il classico pezzo indie-pop grondante umori adolescenziali di I Don't Know How To Love, dove traspare (ma non solo qui) la lezione dei Wild Nothing. Sullo stesso incedere sospirante troviamo ancora brani riusciti come If He Likes It Let Him Do It e How It Ended, interposti tra brani innocui (In the Cold) e altri invece mancati (l'elettronica fuori luogo di Searching for Heaven, i tentativi di ripetere hook melodici già sentiti in Please Don't Leave).
Una seconda metà dell'album in leggero sottotono, ma incapace di affossare un album che nel complesso regge e convince. Le tonalità si fanno più autunnali, maggiormente screziate, con un aumento vistoso dei chiaro-scuri. La maturazione è evidente, anche se non sembra che la band abbia del tutto trovato un suo vero e proprio equilibrio, a causa di alcune asperità che speriamo essere di percorso. Un lavoro soddisfacente quindi, lo ribadiamo: ci sono i pezzi, c'è una buona atmosfera, ci sono le idee. Adesso aspettiamo la definitiva consacrazione.
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