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R Recensione

7/10

The Embassy

Sweet Sensation

Terzo disco in dieci anni per questo duo svedese che, come altri musicisti conterranei, tende a centellinarsi piuttosto che a sdarsi. In compenso la sensazione è dolce davvero quando ciò accade. Dolce, e fugace. “Sweet Sensation”, proseguendo senza scossoni la scia dei lavori precedenti, raccoglie otto pezzi pop cristallini, tra New Order era-“Technique” o “Republic” e riprese baleariche (The Tough Alliance), accostamenti ai vicini The Radio Dept. e viaggi nell’indie pop di casa scandinava.

Ad ascoltare cose come “Roundkick”, dunque, si arretra di vent’anni buoni, in quei lungomare pop (ricordate “World – That’s The Price of Love”?) che curvavano di linee melodiche easy-listening gli spunti house ibizenchi di fine anni ottanta, mentre la voce nasale di Fredrik Lindson (a metà tra Bernard Sumner e Neil Tennant, tanto per stare nel solco) scolpisce motivetti appiccicosi, tra chitarre acustiche che luccicano, un basso rotondo e tastiere che si insinuano nostalgiche. “Related Artist” è più New Order dei New Order, con la chitarra ai 2’37'' che è praticamente la riproduzione di un marchio di fabbrica, roba da copyright, mentre “Livin’ Is Easy” si lancia sugli archi seventies e un groove da capogiro.

È un disco di sole, questo, senza dover essere massimalista, ma cercando riflessi ora dance (“International”) ora schiettamente pop (“Everything I Ever Wanted”, dove fanno capolino i Saint Etienne), su giochi di melodie che se ne stanno defilate tra loop di chitarre in leggero twang: su “Nightshift” si gode, e non ballare è impossibile, così come non perdersi nel tripudio psichedelico di synth in chiusura. Persino dove il giochino un poco si ripete, su tonalità più malinconiche e ritmi più bassi, non c’è spazio per la noia (“I-D”).

Ecco, la dote migliore degli Embassy, che di nuovo (occorre dirlo) non fanno proprio niente, è di mettere ogni elemento al posto giusto. Quella che si chiama, in una parola, semplicità. L’anima del pop, dopo tutto.

V Voti

Voto degli utenti: 6/10 in media su 1 voto.
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C Commenti

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salvatore (ha votato 6 questo disco) alle 12:59 del 16 febbraio 2013 ha scritto:

Fra'... Ci ho provato in tutti i modi a farmelo piacere, ma non ci riesco. Io ho nelle orecchie "Futile Crimes" e "Tacking" e il passo indietro, a mio avviso, è grande. Ogni elemento è al suo posto, è vero, ma non trovo una melodia che sia particolarmente vincente. Salverei un po' "Related artist", "It's always a new thing" (l'unica veramente bella, per me, e la più vicina alle loro cose passate) e "Everything I Ever Wanted". Ne sono dispiaciutissimo perché aspettavo con ansia questo ritorno.

target, autore, alle 12:22 del 18 febbraio 2013 ha scritto:

Pensa, Salvo, che l'unica bella per te è l'unica brutta per me: da quando è iniziata questa nostra divaricazione?

salvatore (ha votato 6 questo disco) alle 12:40 del 18 febbraio 2013 ha scritto:

Forse da quando alcune cattive compagnie, qui (), mi hanno fatto ascoltare cose strane tipo l'R&B... minando il mio candore indiepop...

No, a parte gli scherzi, credo che questo sia un campo (quello della "dance" che entra "prepotentemente" nell'indiepop - vedi pure, chessò, i Saint Etienne) in cui forse siamo sempre stati un po' "divaricati". Ci sono cose che mi piacciono, ma nulla che io riesca ad amare incondizionatamente. Poi qui è subentrata la delusione per essermi ritrovato tra le mani un album che aspettavo da tanto e che c'entra pochino con i due passati (ad eccezione di pochi passaggi)...

Insomma, voglio dire, è ancora presto per iniziare a preoccuparci

Rimedierò con i Widowspeak, visto che lì la pensiamo allo stesso modo...