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R Recensione

6/10

The Love Language

Ruby Red

Torna la creatura di Stuart McLamb, dopo la doppietta “The Love Language” (2009) - “Libraries” (2010) che l’aveva consacrato come una delle penne più ispirate in ambito di indie pop rétro. Dopo, soprattutto, una pausa di tre anni durante cui McLamb ha fatto e disfatto alcuni abbozzi di lavoro, scegliendo alla fine l’opzione big band, solo in parziale contraddizione con la poetica lo-fi degli esordi.

La verità è che i The Love Language hanno sempre amato i walls of sound belli imponenti, anche quando i loro dischi nascevano in cameretta. Non stupisce, allora, che nella registrazione di “Ruby Red” siano stati coinvolti più di venti musicisti, in sessioni distribuite tra il North Carolina e il Minnesota. Ne esce il disco più lussureggiante della band, tra continui debordamenti di archi, spazi sonori stipati e chitarre ad alto volume. Un po’ si perde in efficacia delle melodie, tanto più che la voce di McLamb è spesso sommersa dagli strumenti, ma l’energia e le happy vibes rimangono intatte, tanto dove i ritmi alti trascinano (“Calm Down”, “Kids”, “Faithbreaker”) quanto dove si infila il germe della malinconia, tra atmosfere morriconiane (“For Izzy”) e addobbi orchestrali cui spesso è demandato il motivetto da portarsi sotto la doccia (“Hi Life”).

Nel complesso, però, l’album suona come il meno convincente dei loro tre, e lo testimoniano le strutture un po’ sfatte dei brani e le code strumentali spesso strascicate oltre il livello di guardia, oltre a qualche synth più invasivo (“On Our Heels”) che a queste latitudini indie pop non è mai un buon segno. Meglio dove le chitarre si fanno muscolose e odorano quasi di deserto (“First Shot”, à la Women), ché McLamb viene dalla genia dei rockers made in USA. La Svezia è altra faccenda. Sono le nevi colorate dei primi Arcade Fire, semmai, a dipingere certi trionfi bandistici (“Pilot Light”).

Un po’ in tono minore, ma i Love Language sono tra noi.

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target, autore, alle 13:59 del 30 luglio 2013 ha scritto:

Integrazione. Mentre Pitchfork piazza al disco un 7,5 piuttosto visionario, ascolto con piacere la cassetta "Black Mt. Demos" che la Merge mandava coi primi ordini del cd. Contiene 6 versioni demo di pezzi da "Ruby Red" e 5 inediti. E la preferisco di gran lunga all'album. Rozza, diretta, senza pipponi, a tratti garage ("Kids"), con versioni che - tolta la patina di sovraproduzione - mostrano bella candida la scrittura di McLamb e le danno la giusta aura seppia (il demo di "Knots" batte la versione finale 10 a 0). Non dico 7,5 alla cassetta, ma quasi.