Trembling Blue Stars
The Last Holy Writer
Robert Wratten (già mente dei Field Mice e dei Northern Picture Library), schivo cantore della malinconia dal cuore eternamente spezzato, ritorna a soffiare un alito vita nelle narici della sua fragile creatura musicale, conosciuta col nome di Trembling Blue Stars. Una creatura dall’aspetto diafano, dalla pelle sottile e trasparente. Solo gli occhi brillano di una luce vitale: immergendosi in essi riaffiorano ricordi di amori perduti, rivissuti attraverso sogni sfocati carichi di nostalgia.
I Trembling Blue Stars sono sempre lì, in quella zona buia del cuore, in quell’angolo di cielo, in quello stesso punto del loro cammino musicale che sembra ormai arrestatosi. Non troveremo quindi degli stravolgimenti rispetto ai passati album, ma una piacevole conferma del talento di Wratten, notturna anima brada che ad occhi chiusi cesella musiche eteree che sanno di passioni sfiorate così come di profonda spiritualità, alla ricerca della melodia perfetta che finalmente sia in grado di cogliere l’essenza di questo spleen romantico.
Il sound quindi è rimasto più o meno quello: sofficissimo guitar pop fatto della materia dei sogni e dell’amore, che di rado riscopre anche una vena quasi darkwave, arricchito da programmazioni elettroniche mai troppo in primo piano e percussioni sintetiche dalle timbriche mai troppo pungenti, come in un ideale connubio tra i Mojave 3 che riscoprono le loro origini da Slowdive e i New Order.
Sacred Music procede con andamento regale, solenne, senza rinunciare a quell’intimismo tipico dello stile di Wratten: un capolavoro di musica rarefatta, certamente orecchiabile ma mai banalmente melensa. Qualche sussulto ce lo dà l’elettropop della (relativamente) scattante This Once Was An Island, illuminata da accordi di tastiera che emanano una radiosità insperata. November Starlings mi ricorda tanto Counting The Days dei Sound con la sua dolceagra melodiosità pop-wave.
Se stavate pensando che i TBS stessero scoprendo la felicità allora non avete ancora ascoltato Darker, Colder, Slower, un pezzo “pesante” avvolto da una spessissima tenebra gotica, che ritrova pace solo nel ritornello a base di fatate corde in delay e tastiere paradisiache.
Non si può non provare un misto di angoscia e gioia ascoltando ballate come For A Pale Blue Rosary, Say Goodbye To The Sea, The Tenth Of Always: si passa dal dream pop più celestiale al guitar indie-pop più classico, dallo struggimento più insostenibile alla malinconia più delicata..
La formula magica è sempre la medesima, ok…però la magia riesce ancora ad incantarci.
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