Ultimate Painting
Green Lanes
Come entrarono in sintonia Jack e James? Tutto accadde nel 2013, quando toccò a Jack Cooper con i Mazes aprire i concerti dei più quotati Veronica Falls di James Hoare, in quell'occasione i due chitarristi ebbero modo di pianificare un sodalizio, scambiare pareri, demo, intuizioni per il futuro. Un progetto musicale semplice, senza orpelli e ripulito da ogni processo digitale. In parole povere del buon sano vecchio indie pop.
Dopo il debutto omonimo dello scorso anno, ad appena dieci mesi di distanza, tornano Ultimate Painting con un lavoro che riporta in auge l'antica formula magica del pop da camera.
Entriamo immediatamente nel mood dell'album con l'iniziale Kodiak e i suoi squisiti intrecci chitarristici, Sweet Chris lascia sin dal primo ascolto l'impronta della gemma preziosa, e così via con le immancabili chitarre jangly a marchiare Break the Chain e i lontani echi r'n'b di stonesiana memoria di (I've got the) Sanctioned Blues.
Tutto il disco è sottilmente permeato da una smagliante 60s nostalgia: i raddoppi vocali à la Simon & Garfunkel, le leziosità Lennon/Macca, la vena melodica dei Velvet Underground più soffici. Non poteva mancare la fragranza di un gigante del decennio della cultura pop e della minigonna (tra gli altri), per l'appunto molto del Bob Dylan del '65 emerge dal flusso sonoro di Woken by Noises, mentre gli arpeggi di The Ocean e della successiva Two From the Vault, potrebbero essere l'ideale punto d'incontro tra Elliott Smith e gli onnipresenti (in questi casi) Belle and Sebastian.
Complessivamente possiamo dire di trovarci tra le mani un lavoro dallolezzo rètro ma dalla freschezza contemporanea, con melodie ora lenitive, ora eccitanti, sempre leste a fare centro. Disco del mese per la catena music store britannica Fopp, Green Lanes resta un prodotto da evitare assolutamente per gli avanguardisti convinti.
Noi, nel congedarci, non possiamo non citare il sommo poeta: Una cultura limitata tende all'orpello, una cultura sofisticata tende alla semplicità.
Tweet