R Recensione

5/10

Peter Bjorn and John

Living Thing

Dopo un album fortunato come "Writer's Block", possono accadere cose strane; soprattutto se il successo era arrivato solo al terzo tentativo, la tensione può portare a scelte improbabili come un album interamente strumentale ("Seaside Rock"), oppure che sua maestà Kayne West in persona metta sul suo blog personale il primo singolo del nuovo album. Intendiamoci, è più che comprensibile che il gruppo abbia avuto un piccolo sbandamento, in particolare dopo che l'irresistibile melodia di "Young Folks" ha reso questi tre ragazzotti svedesi delle star internazionali.

Purtroppo "Living Thing" manca dell'ingenuità e delle melodie semplici che avevano reso il suo predessore un grande album. Anzi, laddove con "Nothing To Worry About" si cerca di ritornare su temi già trattati, la sensazione è di uno spiacevole già sentito, acuita dagli arrangiamenti (volutamente scarni) di gran parte dell'album, che gioca con l'elettronica, cori, ritmi preset e quanto altro, tanto che più che al pop barocco degli esordi viene da pensare a dei New Order sotto tranquillanti. Troppi brani sono fermi allo stato di bozzetti, come la title-track o "Lay It Down" (e il suo imbarazzante ritornello "Hey, shut the fuck up boy / You are starting to piss me off"), o la malinconica "Stay This Way".

Non è una sorpresa quindi che i due brani migliori, "Blue Period Picasso" e "It Don't Move Me", siano quelli in cui gli arrangiamenti si fanno più maturi, e la veste sintetica si mostra funzionale alla struttura tipicamente pop/new wave dei brani, seppur anch'esse composte da voci, tastiere e poco altro; la spettrale "Last Night" mostra un'altra faccia del gruppo, più riflessiva e distaccata, quasi glaciale, e sembra quasi un outtake dei Kraftwerk.

Queste due "facce" del gruppo - quella più giocosa e una più introspettiva - convivono per le intere 12 tracce, senza però che si abbia mai il coraggio di scegliere decisamente una via.

"Living Thing" non riesce dunque a raggiungere una sufficienza piena; probabile che sia il tentativo di mostrare una maturità che ancora non c'è, come se i tre anni passati da "Writer's Block" non fossero stati sufficienti per creare canzoni all'altezza delle varie "Objects of My Affection"  o "Let's Call It Off"; oppure, più semplicemente, è questa la vera dimensione di Peter, Bjorn e John.

 

V Voti

Nessuno ha ancora votato questo disco. Fallo tu per primo!

C Commenti

C'è un commento. Partecipa anche tu alla discussione!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.

Roberto Maniglio alle 0:36 del 9 luglio 2009 ha scritto:

Per il voto tornerò in un secondo momento, perchè devo ancora ascoltare questo disco. Ma mi sarei aspettato una citazione per la prova solista di Peter Morén, non perchè ne ho scritto la recensione su questo sito, ma per il fatto che è meritevole di attenzione, in quanto credo che Morén abbia in sè potenzialità superiori a quelle della band nel suo complesso.