Kate Bush
50 Words For Snow
Si può fare un intero disco dedicato all’inverno ed alla neve senza la minima traccia di un traditional natalizio? Sembra proprio di si e l’intento di Kate Bush in questa occasione non potrebbe essere più lontano dal confezionare il classico album di Natale. Invece, a pochi mesi da “Director’s Cut”, che rivedeva alcune composizioni del passato, Miss Bush ha creato una strana ma affascinante opera attingendo alle suggestioni che l’immaginario collettivo collega alla stagione invernale e popolandola di fiocchi di neve, yeti, fantasmi del lago ghiacciato e solubili storie d’amore con un pupazzo di neve. È il punto d'arrivo di un viaggio che parte dalle “Wuthering Heights” cinguettate da quella incredibile voce di una ragazza neanche ventenne oltre trenta anni fa, e nelle varie tappe ha saputo guadagnare dignità e maturità artistica propria dei grandi autori contemporanei: non c’è da aspettarsi un’esperienza di ascolto facile e rilassante, o meglio non solo questo, dato che il mondo musicale di Kate Bush vive da sempre in equilibrio fra gli opposti poli del pop e della avanguardia .
“50 Words For Snow” si apre con tre lunghe composizioni pianistiche che rappresentano la parte più colta del disco e forse il suo centro: “Snowflake”, la storia della vita di un fiocco di neve, che stupisce per i picchi vocali raggiunti stavolta non dalle corde dell’autrice, ma del figlio dodicenne Bertie, evidentemente erede delle famose quattro ottave che mamma Kate esibiva agli inizi di carriera; “Lake Tahoe”, una articolata ballad pianistica in cui fioriscono i contrappunti vocali di Stefan Roberts e Michael Wood; “Misty”, accompagnata da un suggestivo video su una notte d’amore destinata allo…scioglimento, dove la voce di Kate Bush assume marcate tinte soul. Poi il disco regala una pausa e vira verso il pop di “Wild Man”, un omaggio all’uomo delle nevi con un refrain che ricorda “Running up the hill”, famoso hit di fine anni ottanta. Restano per la parte finale, il duetto con Elton John “Snowed in at Wheeler Street”, il pezzo che intitola il disco, ovvero un elenco di cinquanta parole in lingue vere o inventate per dire “neve”, declamata dall’attore inglese Stephen Fry su base elettronica (la più buffa? “slipperella”) e la finale ballata “Among The Angels” solo voce e piano. Nonostante la bellezza delle singole composizioni, l’effetto complessivo spiazza l’ascoltatore per gli imprevedibili cambi di clima.
Ma proprio per questo “50 words for snow” può essere considerato il miglior compendio dell’arte onnivora e sempre ammantata da un alone di mistero e magia di Kate Bush. Un altro incantesimo di suoni e parole.
Tweet