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R Recensione

7,5/10

Mikal Cronin

MCIII

Era altalenante, Mikal Cronin, quando era un twenty-something di Los Angeles, desideroso di mettere in musica lo scazzo (“Apathy”) o l’energia (“Weight”) prendendo a piene mani da tutta una tradizione americana che andava dal folk al grunge, dall’alt rock ’90 al power pop, dal garage alle ondate surf. Era uno di quegli artisti per cui, alla fine, tocca sempre consolarsi nell’auspicio che “il bello debba ancora venire”, perché lo capisci che il talento c’è ma è ancora lì, confuso tra gli scazzi e le energie di un twenty-something. Bene: il bello è arrivato.

MCIII”, disco dell’anno dei 30, non è soltanto il lavoro migliore di Mikal Cronin, ma anche uno degli album più riusciti, nel genere, degli ultimi anni. E non è un genere, ultimamente, poco frequentato: si mescolano recrudescenze tra Pavement e Husker Du (“Made My Mind Up”) a sinfonismi noise pop dove la melodia si esalta (“Turn Around”, con archi, “Say”, con fiati) e i ritornelli, lanciati dal piano, sembrano recuperare echi sixties (“Control”), mentre raspa, sullo sfondo, la ruvidezza delle chitarre che un po’ rifanno i primi ’90 in flanella, un po’ gli anni zero lo-fi sui quali Cronin si è formato (“Ready”). Il ragazzo, d’altronde, ha dichiarato a Pitchfork di essere pronto a fare un disco in stile Minor Threat o Black Flag: la corda hardcore c’è.

Rispetto ai due dischi precedenti spicca una maggiore varietà e cura negli arrangiamenti, nonché una ricerca sulla struttura generale del disco che fa capire come a interessare Cronin, ora, non sia soltanto l’hook giusto: “MCIII” si divide in due parti, la prima a raccogliere i pezzi killer (e lo sono davvero, compresa la ballata in minori e settime “I’ve Been Loved”), la seconda, come segnalano i sottonumeri romani, a formare una sorta di mini-disco concettuale di formazione. Che detta così, capisco, fa paura. La realtà è che la seconda metà contiene esattamente la stessa quantità di pezzi killer della prima. “Circle”, in chiusura, lo testimonia perfettamente: il folk rock scalpitante che gli Okkervil River non fanno più.

Cronin, nel disco, suona chitarra, basso, batteria, percussioni varie, piano, organo, sassofono, tzoura (un chitarrino greco). Ritiene di aver chiuso una trilogia e di avere voglia di cambiare aria. Magari il bellissimo deve ancora venire, eh. Ma io ho la sensazione che sia qui e ora.

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Voto degli utenti: 6,5/10 in media su 4 voti.
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creep 6,5/10
hiperwlt 6,5/10

C Commenti

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Ivor the engine driver alle 16:07 del 11 maggio 2015 ha scritto:

Caro target, purtroppo il disco migliore secondo me rimane il primo, perché ha sia gli spigoli che le carezze. Questo e il precedente sono dischi power pop e basta. Questo meglio del precedente, ben arrangiato, ma troppo pulito. Un po' di asprezza in più ne avrebbe esaltato certe linee melodiche. Resta un bel disco, ma da fan gasato sono diventato tiepido ascoltatore del cronin

target, autore, alle 17:30 del 11 maggio 2015 ha scritto:

Uè Ivor, ben ritrovato. Allora vorrà dire che apprezzerai più di me i suoi sviluppi futuri (dice che avrebbe voglia di fare un disco punk/hardcore, poi va' a sapere, magari si metterà a fare folk moscio e non piacerà più né a me né a te). Per me questo e il primo stanno alla pari.

redskin78 (ha votato 6 questo disco) alle 15:24 del 13 gennaio 2016 ha scritto:

non mi ha entusiasmato, non ho trovato quello spunto in più