Mikal Cronin
MCIII
Era altalenante, Mikal Cronin, quando era un twenty-something di Los Angeles, desideroso di mettere in musica lo scazzo (Apathy) o lenergia (Weight) prendendo a piene mani da tutta una tradizione americana che andava dal folk al grunge, dallalt rock 90 al power pop, dal garage alle ondate surf. Era uno di quegli artisti per cui, alla fine, tocca sempre consolarsi nellauspicio che il bello debba ancora venire, perché lo capisci che il talento cè ma è ancora lì, confuso tra gli scazzi e le energie di un twenty-something. Bene: il bello è arrivato.
MCIII, disco dellanno dei 30, non è soltanto il lavoro migliore di Mikal Cronin, ma anche uno degli album più riusciti, nel genere, degli ultimi anni. E non è un genere, ultimamente, poco frequentato: si mescolano recrudescenze tra Pavement e Husker Du (Made My Mind Up) a sinfonismi noise pop dove la melodia si esalta (Turn Around, con archi, Say, con fiati) e i ritornelli, lanciati dal piano, sembrano recuperare echi sixties (Control), mentre raspa, sullo sfondo, la ruvidezza delle chitarre che un po rifanno i primi 90 in flanella, un po gli anni zero lo-fi sui quali Cronin si è formato (Ready). Il ragazzo, daltronde, ha dichiarato a Pitchfork di essere pronto a fare un disco in stile Minor Threat o Black Flag: la corda hardcore cè.
Rispetto ai due dischi precedenti spicca una maggiore varietà e cura negli arrangiamenti, nonché una ricerca sulla struttura generale del disco che fa capire come a interessare Cronin, ora, non sia soltanto lhook giusto: MCIII si divide in due parti, la prima a raccogliere i pezzi killer (e lo sono davvero, compresa la ballata in minori e settime Ive Been Loved), la seconda, come segnalano i sottonumeri romani, a formare una sorta di mini-disco concettuale di formazione. Che detta così, capisco, fa paura. La realtà è che la seconda metà contiene esattamente la stessa quantità di pezzi killer della prima. Circle, in chiusura, lo testimonia perfettamente: il folk rock scalpitante che gli Okkervil River non fanno più.
Cronin, nel disco, suona chitarra, basso, batteria, percussioni varie, piano, organo, sassofono, tzoura (un chitarrino greco). Ritiene di aver chiuso una trilogia e di avere voglia di cambiare aria. Magari il bellissimo deve ancora venire, eh. Ma io ho la sensazione che sia qui e ora.
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