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R Recensione

7/10

Soul Killa Beatz

Saudade

Sono aretini e si chiamano Soul Killa Beatz, quasi come una crew, e già il nome rimanda al loro passato hip hop che in questo “Saudade” è lontano anni luce. A dire il vero anche la vena brasilianeggiante vagheggiata nel titolo è piuttosto fugace. Fatto sta che l’album è godibilissimo, frutto di un pop ormai maturo che s’è frammischiato a tutti gli altri generi. Oltre ad essere – così pare – amici di Pernazza degli Ex-Otago, è sul palcoscenico che i Soul Killa Beatz hanno incontrato i più svariati artisti, dai 99 Posse ad Andrea Chimenti, da Elio E Le Storie Tese a Paolo Benvegnù, dalla Bandabardò ai Tre Allegri Ragazzi Morti, passando per Offlaga Disco Pax, The Zen Circus, Baustelle e Sud Sound System. Quell’istinto selvaggiamente live fa ormai parte del bagaglio musicale di questa band e sentirli cantare in studio non tradisce le aspettative, dopo due demo ormai introvabili (“Soul Killa Beatz” e “Dove saresti altrove”) e un EP autoprodotto (“Do you like cembalo?”). Il Diego, voce e tastiere, Marco Alfonsi, voce e iPad, Andrea Gregori alla chitarra, Davide Bussu al basso e Francesco Checcacci alla batteria: questi gli ingredienti della ricetta Soul Killa Beatz.

Fondamentalmente questo è un disco sulla crisi dilagante in Italia; ogni pezzo, dietro un velo di ironia, nasconde una sottile ma spietata presa di coscienza sulla situazione ormai quasi compromessa di questo Paese. A partire da “Brutto clima” e il suo monologo sul “freddo caldissimo”, situazione di eccessi straripanti; per poi arrivare a “Gran belle cazzate”, traccia power pop sui social network che hanno ucciso le pomiciate all’aperto, ma anche sugli affitti troppo alti e sui lavori troppo precari. Con “Intermittenza” i Soul Killa Beatz lasciano da parte il sarcasmo e si danno alla poesia cantando: «E disteso penso / peso ogni parola / perso nella stanza / la mente è la sola / amica, fidanzata / o amante che vorrei. / Con lei farei l’amore / anche se lei non viene mai». L’ombra della samba si allunga sul brano che dà il titolo al disco, e la saudade – ovvero quel malessere provocato dalla malinconia – avvolge i ricordi di tutti i trentenni ancora troppo giovani per essere adulti e troppo maturi per esser considerati ragazzini. In “Brain drain”, unico pezzo cantato perlopiù in un inglese privo di inflessioni, i Soul Killa Beatz provano a dare ancor più forza alla loro musica, in un tripudio di tastiere e schitarrate; ancor più rumorosa “Questione di fine”, tra skank e punk, in un vortice di modernariato pop con effetti sulla voce e una perfetta struttura ritmica. La musica si calma e una sigla da videogame a 8-bit intona l’intro di “Pesci morti”, rudimentale ritratto di tutte quelle situazioni nelle quali siamo costretti a sembrare qualcosa di già visto, già sentito, già detto. I Soul Killa Beatz qui si fanno serissimi e con “La musica che non pesa niente”, senza diplomazia alcuna, cantano la svogliatezza di un’epoca ormai sfiancata, satura al punto che non lascia posto nemmeno alla speranza di una rivoluzione, foss’anche musicale. Così come per “Entrada”, il breve intro strumentale, a fine disco troviamo “Saìda”, un outro sulla vera nostalgia per l’amore, per l’Italia, per un amico.

Partiti dall’hip hop e approdati a soluzioni decisamente pop, i Soul Killa Beatz hanno avuto il merito di racchiudere in “Saudade” alcuni piccoli ma significativi dettagli, quantomai contemporanei, della loro generazione, così immersa nella degenerazione di questi anni ‘10. E state certi che tra vent’anni rivaluteremo la crisi e tutti i suoi prodotti, e diremo anzi che c’ha aiutato a venir fuori, ad esser più svegli e reattivi; ed allora non rimarrà che ascoltare i Soul Killa Beatz per capire meglio questi anni così inermi.

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Voto degli utenti: 7,3/10 in media su 2 voti.
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