Verdena
Endkadenz Vol. 2
Lascolto di Endkadenz Vol. 2 ci proietta, ancora e con perdizione, in quel dedalo autistico che i Verdena in questi anni hanno imposto alla nostra scena. Però, sorpresa, certifica anche la natura minore del disco rispetto al precedente capitolo - e, specie, al corso della discografia dei bergamaschi.
Endkadenz Vol. 1 si mostrava come un disco ipersaturo, esteticamente rabbioso, da nero primordiale: ne rimane una bella dose di furia, benché qui le scelte di produzione spingano su un tratto emozionale piuttosto che psicotico/allucinato. Ossia, quella caratteristica che ha reso il primo episodio, per chi scrive, un instant classic contemporaneo per la musica italiana.
Cè da dire che i nuovi brani provengono dalle stesse sessioni in cui è stato concepito il Vol. 1, sebbene si colga chiaramente come il taglio estetico e di produzione giunga da scelte non sempre in continuità.
Ad esempio i volumi, lì a picco e qui più calibrati e definiti; oppure la scrittura, "oggi" maggiormente istintuale, la quale conduce alcuni brani a compiersi in modo un po' meno brillante rispetto al primo volume - si pensi alla poco ispirata Fuoco Amico II - Pela i Miei Tratti.
Lo sfilacciamento stilistico (sì presente, ma in misura minore nel Vol. 1) si accompagna, questa volta, anche a quello gestaltistico: in questo senso, la visione dinsieme del disco ne esce un po' squilibrata, laddove in Endkadenz Vol. 1 tutto, stordendo, si teneva legato. Miracolosamente.
Sottratto parte dello scavo fuzz-shoegaze a favore di riff (i Melvins; lo stoner emotivo di Cannibale, ad esempio; post grunge) e groove/pattern più emersi e "lineari" (ma pur sempre abrasivi ed effettati), il disco va al solito di fisicità impeciata (qui tre pezzi, su tutti: Colle Immane, Fuoco Amico I, Caleido), estrosità compositive e d'arrangiamento riversate in due ballate sghembe su tre (Identikit, Waltz del Bounty: eccellenti), progressioni da rievocazione pre Requiem (Troppe Scuse, easy listening ad altezza Suicidio dal tiro new wave, ma con uno stacco di tastiera e stoppato chitarristico che è cosa nuova per il sound verdeniano), strani ibridi a metà tra Endkadenz e Wow (la cromaticità e le aperture lisergiche di Lady Hollywood) e vorticose girandole di basso (spettacolare, al solito, Roberta Sammarelli) e batteria - l'ottima Dymo, vicina al Vol. 1: ma senza quelle saturazioni.
In quasi tutti questi casi, la sensazione è che i pezzi sfuggano, perdendosi nel dedalo: il risultato è un collage di composizioni che seguono e sviluppano idee proteiformi. In assenza di una struttura stabile (e da "Requiem" ad oggi i Verdena c'hanno abituati, positivamente, a questo), i brani variano facilmente traiettoria - in modo, però, meno incisivo rispetto a come accadeva nel Vol. 1.
Ad ogni modo, non mancano le bizzarrie estetiche e laudacia (l'uso del clavicembalo, del glockenspiel e del vibrafono) compositiva, in senso psych pop: si prendano Identikit (apice del disco: prodotto ancora da Marco Fasolo, dopo Nevischio), la coda di Dymo (il solito ma inevitabile rimando battistiano), gli incavi di beat e i cori spettrali nellabbozzo Natale con Ozzy - anche qui, la psichedelia di "Wow" affogata nell'horror.
Sul piano lirico, si rileva un ripiegamento idiosincratico ancor più estremo e una certa involuzione rispetto al primo volume, il quale lasciava spazio a qualche episodio descrittivo. I testi girano incoerenti e a vuoto (non un dato negativo in senso assoluto, per i Verdena) più che altrove, spesso senza restituire un impatto significativo. La voce e linterpretazione, però, sanno incidere come strumento aggiunto: aspetto che più conta nellanalisi del suono dei Verdena.
Nel complesso di Wow e dei due Endkadenz, si conclude una stagione artisticamente felice e psicotica per i Verdena. La volontà di Alberto Ferrari e compagni è di ricercare una via di fuga dai labirinti e dalle gabbie compositive create in questi ultimi anni. Ci vorrà una perturbazione importante, così come è avvenuta ai tempi di Wow, per mantenersi ad un livello qualitativo eccellente. I Verdena, ad ogni modo, hanno dato prova di saper mutare continuando sempre a crescere, anche in episodi un po incompiuti come questo Vol. 2.
Si continuerà a confidare in loro: per chi scrive, una delle più grandi risorse del rock italiano.
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