V Video

R Recensione

6,5/10

Austra

Future Politics

Ricapitoliamo: gli Austra rappresentavano una delle eccellenze di quel synth pop oscuro e da dancefloor (scuola The Knife) che ad altezza 2008-2012 sfornava talento in grande quantità - l’omonimo Crystal Castles e il primo Trust, soprattutto. “Feel It Break” (2011) giocava di scatenamento nordico su beats da gotico eighties, con voce d’opera (Katie Stelmanis) e melodie scintillanti. Masterpiece, insomma; e di una compattezza sconcertante. 

Il successivo “Olympia” (2013), più di maniera, appiattiva la proposta, perdendo di impatto estetico rispetto al debutto. 

E a differenza di quell’approccio corale (Maya Postepski e Dorian Wolf coinvolti massivamente nella genesi di "Olympia") in questo ritorno al bedroom project, quale “Future Politics” è, la Stelmanis scrive e produce ogni cosa. 

Gli umori sono quelli Brexit, Trump, Duterte, xenofobia europea, odio razziale, che hanno portato la cantante degli Austra a isolarsi in letture sci-fi e di futuri post capitalistici (#ACCELLERATE MANIFESTO) alla ricerca, oltre l’era della rabbia, di speranza e nuovi paradigmi per orientarsi nella contemporaneità. Tra quartieri francesi, di noia, a Montreal e i colori di Mexico City, il nuovo Austra è, in sostanza, synth pop scientifico dall’urgenza sociale/esistenziale manifesta. Prima ancora che estetica. 

Nel disco si procede di ambient avorio su ritmiche e stringhe stilizzate, in cui la voce di Stelmanis lacera e si modula con eleganza, senza più sforzo (lo stream of consciousness di “We Were Alive”, ispirata da "Unfinished Sympathy" dei Massive Attack; nei passaggi prog di "Beyond A Mortal"); altre volte si tende all’incastro tra resa pop e estro del passato con la consapevolezza e la maniera di oggi (la fuga dal capitalismo di “Future Politics”, la narrazione distopica e alienante di “Utopia”). Di narrazione, ancora, ma depressiva, con "I'm A Monster" e “I Love You More Than You Love Your Self” - ispirata, come da video, dalla storia dell'astronauta Lisa Nowak e alla pianificazione dell'omicidio dell'amante del marito. L'intento è di trainare, più in generale, il synth pop ad un livello intellettualizzato (anche in pezzi come “Powerfree", so Knife), seguendo il passo concept dell'opera. 

In sostanza, sembra perso inesorabilmente il fascino viscerale del synth pop Austra prima maniera, conseguenza del razionalizzare i suoni ai temi dispotici/utopistici proposti.

Di interesse, "Future Politics", se il criterio è quelle concettuale; non così significativo, musicalmente, guardando ai pezzi e al risultato estetico.  

V Voti

Voto degli utenti: 7,1/10 in media su 5 voti.
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Gio Crown 7,5/10
Vatar 7/10

C Commenti

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woodjack (ha votato 6 questo disco) alle 21:44 del 13 febbraio 2017 ha scritto:

Hai ragione, disco più interessante che bello, io poi non sono mai stato loro fan, e questa prova non fa certo risalire le loro quotazioni. Quanto alla rece, al solito, capacità espositiva e di sintesi che ti invidio.

forever007 (ha votato 8 questo disco) alle 0:43 del 15 febbraio 2017 ha scritto:

Non sono molto d'accordo con il recensore, l'album lo trovo poco orecchiabile (e non è un male) e riesce a combinare discreta originalità con tematiche molto moderne. Mentre negli album precedenti erano le canzoni (Spellwork su tutte) a portarti con la mano dentro di loro, qui ci vuole uno sforzo per entrarvi; insomma la loro minor complessità tecnica è compensata da testi maggiormente impegnati. Non rimangono impresse al primo ascolto le canzoni e, ripeto, è un bene.

Gio Crown (ha votato 7,5 questo disco) alle 16:44 del 15 febbraio 2017 ha scritto:

ok, forse non è eccelso, ma a me il loro suono rarefatto e freddo continua a piacere molto. Forse stavolta è un po' più banale, ma non perde nulla della sua raffinata bellezza. trovo le melodie e la voce cristallina della Stelmanis sempre accattivanti, forse meno coinvolgenti le percussioni e gli effetti sonori degli altri due album che conosco ( feel it break e Olimpia). Da continuare a tenere d'occhio.

Vatar (ha votato 7 questo disco) alle 9:30 del 20 febbraio 2017 ha scritto:

Sono d'accordo con chi sostiene che questo disco non sia all'altezza del primo (Feel it Breack) dove a mio parere spicca la sezione ritmica molto più accattivante e la voce più naturale a dispetto di quella contenuta in questo lavoro, troppo manipolata, ma non lo vedo nemmeno come un lontano parente, qua ci sono una manciata di hit davvero notevoli che sono raggruppate nella prima parte e brani più ricercati che occupano la seconda parte, su tutte: Beyond A Mortal.

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