Baths
Obsidian
William Wiesenfeld, 1990, a.k.a. Baths. Il suo Cerulean, quale lavoro che ha saputo integrare con qualità, allinterno del calderone electro/dream pop anni 10, le innovazioni revivalistiche del movimento glo fi.
Un vero gioiello pop, meccanismo easy listening autopoietico; un mix di ingredienti dreambeat, sperimentali e no, convogliati (su laptop, drum machine e tastiere) in assetti emotivi e melodici (il loop e il break di piano di, rispettivamente, <3 e Youre My Excuse to Travel; la patina minimal e chill wave di brani come Rafting Starlit Evergrades) ripiegati su turbinii nevrotici e romantici (negli umori del falsetto di Will; nelle tonalità scintillanti e random di una fantastica Plea, sulla risacca chill wave di Rain Smell). Messe a nudo poggiate, fondamentale, su un sostrato frammentato (le groovosità ritmiche di stampo glitch in Aminals, le stesse Plea e Youre My Excuse to Travel"), sincopato (le proiezioni Flying Lotus e Teebs, in brani come Apologetic Shoulder Blades, Lovely Bloodflood), basamento della resa estetica (incontro-scontro tra IDM e synth pop) del disco.
A tre anni di distanza (nel mezzo, i bozzetti di Pop Music/ False B-Sides) dal debutto il losangelino torna sulle scene, con Obsidian, dopo un periodo di seria malattia (<<There was so much nothing in my life at that point, so I looked into writing darker material about apathy>> da unintervista a Pitchfork); svoltando, in un certo senso, (pur mantenendo il suo tratto distintivo), anche a causa di questa.
Sicché, novità che non possono sfuggire allascoltatore attento ce ne sono: il sound è, innanzitutto, a più alta fedeltà, riprodotto in vesti al solito (dream) pop, ora via suggestioni clubby (Miasma Sky, No Eyes), ora in introspezioni dallo spiccato turbamento (Earth Dead lapice, in questo senso). La gestalt, quindi, risulta meno intima e nuda sentimentalmente, data la sottrazione emotiva (che pur, appunto, rimane) a favore di un esistenzialismo più spiccato. In cui a dominare (specie nellultima parte) sono fondali intrisi di tenebre, anche crudi (sicuramente meno trasognati, sicuramente non retromaniaci), ma che non rinunciano mai a soluzioni melodiche e al genetico piglio pop del nostro.
Il disco rimanda proiezioni di tempra maggiore (a scapiti di certa fluidità delle composizioni): per dire, le connessure di synth pop-wave inOssuary, funebre e dream insieme, (sincopi e beat che sinceppano tra armonie vocali), pur mantenendo riconoscibilissima lidentità Baths strutturano elettricità (il riff centrale) e corposità di groove inaspettate - esponendo Wiesenfeld, in questo senso, come mai prima. La scura e possente Earth Death, i graffi di voce (su saturazione di tastiere: elegia dark) di No Past Lives sono qualcosa che, nel 2010, a stento avremmo potuto immaginarci.
Colpisce, poi, l'uso che, nella primissima parte, Wiesenfeld fa degli archi. Lo dimostra il ruolo (a volte più centrale, altre volte solo ad accompagnare) che questi hanno in alcuni episodi del disco - tra dinamicità ritmiche e break melodici (in un fermento di armonie vocali: Worsening, uno degli episodi più ancorabili a "Cerulean"), scatenamenti synth pop (Miasma Sky: ottima materia per futuri remix) e ballads cupe (Ironworks, Incompatible).
Il tentativo di coniugare lestro arty con una maggior quadratura ritmica funziona, decisamente, nell'electro pop 80s/'00s di No Eyes: ma rimane, questo, tutto sommato, un episodio isolato - soluzione, comunque, esplorabile maggiormente in futuro.
Un disco, "Obsidian", che non possiede la portata inedita del debutto; così, gli episodi che funzionano mettono in luce tutto il talento di Baths (in ordine, Ossuary, Miasma Sky, No Eyes, Worsening), ma quelli che portano allestremo i nuovi innesti estetico/concettuali ridimensionano la qualità della proposta. 6,5 quindi; Pitchfork permettendo.
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