V Video

R Recensione

6/10

Crystal Castles

(III)

Parlando degli sviluppi electro di questi anni, dal fenomeno witch house alle derive gotiche di molto synth pop, è difficile evitare il loro nome. I Crystal Castles sono stati, soprattutto con il loro esordio del 2008, uno snodo fondamentale: pop ma abrasivi, melodici ma disturbanti, ballabili ma in modo paranoide, ossessionati dai bleeps digitali ma pronti a insozzarsi di un’umanissima sporcizia, hanno rappresentato la rabbia rappresa di una generazione. E Alice Glass, con il suo nome fragile e spigoloso come le sue fattezze, è stata la sua piccola icona nera. Se il secondo disco aveva confermato questo status quasi totemico, infilando una serie di brani già classici del genere, “(III)” suona come una prosecuzione troppo prevedibile degli album precedenti, con tanto di copertina ad hoc per alimentare l’aura maudit devozionale. Il mordente, insomma, è un po’ stinto. E la sensazione è quella del disco autocelebrativo.

Dentro “(III)” c’è tutto quanto la fandom potesse chiedere al duo canadese. La produzione è grossolana, i synth violenti, la voce della Glass sempre meno riconoscibile e più perduta, tra linee melodiche che cercano di immettere dolcezza in mezzo al magma di scorticature e massimalismo electro. Mentre i riferimenti 8-bit e chiptune sono ormai ridotti all’osso (“Pale Flesh”) e l’attitudine punk quasi cancellata (“Insulin” però scuoia come un inferno), a dominare sono abbozzi electro-destrutturati e scartavetrati classicamente Crystal Castles, che spesso però si afflosciano nel momento stesso in cui ci si aspetterebbe un loro sviluppo (“Transgender”, “Mercenary”, “Telepath”).

A funzionare sempre e comunque sono gli episodi epici (emo, pure?), da “Wrath of God” all’eccellente “Plague”, con brividi di godimento all’altezza di “Violent Youth” e soprattutto di “Sad Eyes”, smangiata da un’onda tra rave e dance anni ’90 che è puro spettacolo (il passo è totally Pet Shop Boys). Non mancano le tregue dreamy, pure calcolate ad arte, e più efficaci nella versione eterea (“Child I Will Hurt You”) che in quella witch-natalizia (“Affection”).

Alla fine l’impressione è di un disco più omogeneo rispetto ai precedenti e con meno escursione tra gli estremi: focalizzandosi, Kath e Glass si sono mantenuti brutali, ma con effetti inevitabilmente meno scioccanti, un po’ per la continuità persino troppo piana con "II", un po’ per un eccesso di normalizzazione (che alla furia non fa mai bene). Manna per i fan, ma il terzo capitolo segna un po’ il passo.

V Voti

Voto degli utenti: 5,9/10 in media su 8 voti.
10
9,5
9
8,5
8
7,5
7
6,5
6
5,5
5
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5
loson 4/10

C Commenti

Ci sono 4 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.

Filippo Maradei (ha votato 4,5 questo disco) alle 16:47 del 15 novembre 2012 ha scritto:

Mah, troppa confusione per me. Non trovo una linea musicale riconoscibile tra i pezzi, passano senza il minimo filo conduttore, per nulla messi a fuoco, caotici, rozzi, ma soprattutto troppo banali. Dici bene Frà quando parli di produzione grossolana e voce della Glass perduta chissà dove. Rimangono "Plague" e "Wrath of God" tra le meno peggio - anche qui seguo te - ma comunque la prima è witch-house trita e ritrita, e la seconda un complesso vago di beat pulsanti e voci lontane. Tra le delusioni dell'anno, per me non ci siamo proprio: un album che è un horror vacuo, scadente, troppo sgraziato.

rdegioann452 (ha votato 8 questo disco) alle 21:39 del 15 novembre 2012 ha scritto:

ma siamo sicuri che abbiamo ascoltato lo stesso disco??

Franz Bungaro (ha votato 5 questo disco) alle 12:06 del 16 novembre 2012 ha scritto:

Dott. Target, analisi sobria, chirurgica, cosciente e consapevole. Perfettamente d'accordo. E questo disco l'aspettavo come pochi, per avere qualcosa di nuovo e di diverso da ascoltare. Invece, "feci, la zuppa". Salvo solo Plague, che m'aveva illuso.

salvatore alle 19:48 del 18 novembre 2012 ha scritto:

"Plague" è fantastica, ma anche gli altri due brani che proponi, Fra', non sono affatto male... Effettivamente sembrano più normativi che in passato, ma parto ottimista - il tuo commento Fil un po' mi ha spaventato in realtà - e sono curioso di ascoltare il resto. Molto bella la "Pietà" in copertina...