V Video

R Recensione

6,5/10

Architecture In Helsinki

Fingers Crossed

Le pagine del booklet quasi cartonate, colori di sobrio pastello, una mano con due dita incrociate disegnata con tratto elementare, grosso modo dovremmo trovarci davanti ad un album di twee pop. Cosi è. Durante l'ascolto di “Fingers Crossed” (2003), album d'esordio degli australiani Architecture in Helsinki, torna irrimediabilmente alla mente il glorioso quadriennio iniziale degli scozzesi Belle And Sebastian, alfieri della rinascita twee pop o bedroom pop che dir si voglia.

Un album mattutino, da prima colazione, atmosfere zuccherosamente melodiose, delicate, sognanti, umori timidamente ottimisti, scorre via cosi l'album degli AIH, con voci sussurrate ora maschili ora femminili, chitarrine senza effetti che contrappuntano tappeti di misurata elettronica (graziosissimo lo strumentale in apertura “One Heavy February”), ampio uso di archi e strumenti a fiato mai strabordanti. Un album di una educazione formale impeccabile, rigorosamente alieno da eccessi, in tipico stile neo twee pop, esattamente come i maestri Belle And Sebastian hanno insegnato, ed esattamente come i numi tutelari Nick Drake, Burt Bacharach, Simon & Garfunkel, nonché Love e Felt, hanno addestrato i Belle And Sebastian: disco sicuramente derivativo, privo di grandi picchi verso l'alto, capace tuttavia di mantenere alta la curiosità dell'ascoltatore di traccia in traccia. La partenza è incoraggiante e lascia ben sperare, sono qui i prodromi delle meraviglie che seguiranno un paio di anni più tardi.

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Voto degli utenti: 8,3/10 in media su 2 voti.
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C Commenti

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Marco_Biasio (ha votato 9 questo disco) alle 17:32 del 28 febbraio 2007 ha scritto:

Ma non è giusto...

Volevo recensirli entrambi io, però...