Blueboy
If Wishes Were Horses
Almeno una volta nella vita, quando l'orologio del soggiorno o del tinello segnava la stessa ora e gli stessi minuti, abbiamo espresso un desiderio; quando mangiavamo i primi frutti di stagione, abbiamo espresso un desiderio; quando pronunciavamo la stessa frase insieme a un nostro amico nello stesso istante, abbiamo espresso un desiderio; quando vedevamo una stella cadente, ben più banalmente, abbiamo espresso un desiderio. Desideri e ricordi, la loro è una storia vecchia come il mondo: l'uno alimenta l'altro, e insieme trovano rifugio sicuro nell'infanzia. E fuor di metafora, i Blueboy ci spiegano come fare a meno di preghiere e ortaggi (se seguiamo l'illusione del titolo, "If Wishes Were Horses"), e passare proprio ai ricordi che non costano nulla per trovare già espressi tutti i nostri desideri.
Questo è un album un po' speciale, fa parte di ognuno di noi, parla di Salvatore mentre esplora il mondo in un granello di sabbia, di Simone che sente il cuore battere forte per la prima ragazza gentile che incontra, di Francesco che osserva le nuvole e immagina storie fantastiche, di Fabio che si sporca nell'erba mentre gioca ad acchiapparella e torna col faccino innocente dalla mamma, di Daniele che dà calci a palloni più grossi di lui, di Matteo che dorme nel lettone, di Mauro che fa i primi balletti con mamma e papà, di Filippo che piange per una caramella in più, e di tutti voi che leggete, che ancora profumate un po' di latte. La copertina del primo disco dei Blueboy raccoglie già i ricordi di tutti i giovani cuori felici, nel bellissimo istante d'infanzia immortalato in bianco e nero. E le canzoni... beh, le canzoni non sono altro che sogni da poter rivivere: perché dietro le chitarre ariose e le voci angeliche c'è proprio una patina magica nel suono, qualcosa di indie-pop ante-mondo, prima che venisse creato, un twee-incanto a cui molto dovranno Belle & Sebastian, Kings of Convenience, i primi Decemberists, i più recenti Wild Nothing. E quindi non resta che rimanere ipnotizzati dagli accordi di "Too Good To Be True" e rendersi conto che splende un sole immenso anche in pieno inverno, innamorarsi della viola che vibra e dei violini che velaggiano tra le nuvole di "Cloud Babies", ritrovarsi a ballare spensierati tra gli accordi veloci e il cantato lieve di Gemma Townlet e Keith Girdler in "Sea Horses", provare tristezza sincera per una madre che "in court for tax evasion she can't afford to pay for a new more powerful missile" come recita la voce narrante della Townlet in "Fondette", ritrovare il sorriso nel cullare amorevole di "Happiness & Smiles", rincontrare i Galaxie 500 negli arpeggi al cristallo e nel finale luccicante di "Amoroso", ricordare le interminabili gite in macchina in "Clear Skies", diretti verso i mari di chissà quale paesino del sud mentre assaporiamo i panini preparati con cura dalla mamma e i comodi sedili della macchinona di papà, pregare che le flessuose chitarre andaluse di "Fearon" possano non smettare mai di suonare, sentire la salsedine e le estati di tante vacanze in famiglia fa in "Candy Brachelet", e in tutto questo, dalla prima all'ultima nota di questo "If Wishes Were Horses", farsi vincere dalla nostaglia sovrana dei momenti più felici della nostra vita.
Riprendete fiato ora, inspirate a pieni polmoni. Ritrovate pure un po' di felicità perduta. Questo è album che è più di un album; è la nostra infanzia già scritta e musicata, tutta. Ed è a portata di mano. Per sempre.
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