V Video

R Recensione

8/10

The Jayhawks

Hollywood Town Hall

Ricordate la mai abbastanza lodata VideoMusic? Una rete a programmazione completamente musicale, mosca bianca nel panorama dell’etere italiano negli anni '80 e '90, dominato dal duopolio Rai-Fininvest sancito dalla legge dell’onorevole Oscar Mammì. Emittente poi fagocitata dai babilonici progetti di Cecchi Gori e infine neutralizzata in un doppione di TeleMontecarlo. Una autentica manna dal cielo per gli appassionati, specialmente di alternative rock, in cui  si offrivano videoclip a rotazione continua, concerti di Jane’s Addiction, Nirvana, Sonic Youth e Blur e programmi imperdibili come ”Hot Line”, “Indies” o “Rock Revolution”. E poi c’erano le mitiche pubblicità, come quella congiunta per “Hollywood Town Hall” dei Jayhawks e per il debutto dei Grant Lee Buffalo, il momento in cui il concetto di alt-country entrò nelle case degli italiani, grazie agli indimenticabili videoclip di “Waiting for the Sun” e “Fuzzy”.

I Jayhawks si formarono nella gelida Minneapolis a metà anni '80, nel periodo di massimo fulgore della rivalità cittadina tra Husker Du e Replacements. Gary Louris (il belloccio della truppa) e Mark Olsen (un simpatico spilungone, sorta di Gram Parsons nerd) però sembravano a tutte altre cose interessati: il country-rock californiano, la Band e le ariose melodie di Tom Petty. Dopo un paio di album di riscaldamento il colpo di fortuna: George Drakoulias, il produttore roots anni '90 per eccellenza (Black Crowes e tardi Screaming Trees su tutti) si accorge di loro e li prende sotto la sua ala protettiva per un album da pubblicare per i tipi dell’American Recording di Rick Rubin.

Pur non essendo un capolavoro assoluto come il citato e coevo “Fuzzy”, “Hollywood Town Hall” resta un lavoro eccellente, impreziosito dai magistrali intrecci vocali e chitarristici tra Louris e Olson e da una scrittura sempre di vaglia. “Waiting for the Sun” apre l’album in maniera perfetta, un numero country-rock suonato con l’impeto dei Replacements, pietra miliare dell’alt-country tutto. Non mancano altri classici, come la ballata harvestiana “Two Angels”, la toccante “Crowded in the Wings” (guarnita dall’onnipresente hammond) o l’incalzante “Sister Cry”, marziale come Neil Young in sella al cavallo pazzo e forte di un refrain irresistibile. O ancora le articolate “Take Me With You When You Go”, “Wichita” e “Nevada, California”, che sembrano sottratte clandestinamente al repertorio di Dylan e della Band ai tempi dei Basement Tapes.

I Jayhawks proseguirono  il loro cammino nei meandri della grande tradizione americana con “Tomorrow the Green Grass” e svariati dischi e progetti,  e oggi vengono universalmente considerati tra i padri dell’alt-country, nonostante lo scetticismo e le ironie di certa critica (“I Flying Burrito Brothers dei poveri”, uno degli epiteti più gentili che mi capitò di leggere), all’epoca intenta a glorificare gesta di artisti di cui oggi si sono perse le tracce. Le mode passano, le grandi canzoni restano.

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Voto degli utenti: 7,6/10 in media su 4 voti.
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C Commenti

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Cas (ha votato 8 questo disco) alle 9:15 del 29 luglio 2014 ha scritto:

gran bel disco, ottima riscoperta!

Utente non più registrato alle 13:43 del 31 luglio 2014 ha scritto:

Era proprio un bel dischetto

FrancescoB (ha votato 7 questo disco) alle 17:24 del 30 agosto 2014 ha scritto:

Junio sempre sontuoso, e disco che si fa rispettare.

nebraska82 (ha votato 7,5 questo disco) alle 22:28 del 30 agosto 2014 ha scritto:

Sì, un disco bellissimo...raro trovare negli anni 90 delle voci così limpide e pulite come quelle dei Jayhawks.