L'Ordine Naturale Delle Cose
L'Ordine Naturale Delle Cose Ep
The Strange Situation di un paio di anni fa lascia posto ed evidentemente spazio a LOrdine Naturale Delle Cose, che possiede tutti i crismi e il respiro di un disco desordio, senza esserlo in realtà totalmente: lo scarto in avanti è pressoché netto, e prezioso sembra essere stato quel Dentro del 2012, veicolo di germi di grazia quanto di ombre stonate. LOrdine Naturale Delle Cose da Parma cambia ragione sociale senza ripartire dal buono egregio evidenziato nellesordio, ma stravolgendo la propria formula: tabula rasa di tutto fuorché della saggezza acquisita.
Il risultato è questo ep omonimo di quattro tracce prodotto da Omid Jazi (turnista dei Verdena, e si sente), in cui ad emergere è unobliqua vena alt-rock, con digressioni voluttuose nella psichedelia e nel dream pop, finalmente soprattutto con liriche allaltezza e un cantato, quando non disinvolto, perlomeno poco ostentato, che si fa strumento e mai primadonna. Paiono scaturiti dalla penna di Jacopo Lietti (Fine Before You Came) i testi, valga come complimento, per asciuttezza e semplicità nellesporre/imporre allascoltatore il disincanto liberatorio, strafottente quanto doloroso, di piccole storie damore quotidiane. Musicalmente, il primo nome a venire in mente è quello dei Verdena degli ultimi dischi: tanto nella voce di Stefano Cavirani (in realtà mai sopra le righe a differenza del bravo Alberto Ferrari, dal quale si smarca infondendola di una sorta di innocenza indolente), quanto nelle trame elettroacustiche (come ascoltare Wow in vinile modificando a intervalli irregolari gli rpm del giradischi).
Proprio laltalenanza apparentemente scostante e improvvisa di ritmi e atmosfere può essere la carta vincente della band parmigiana: Questa è una danza di viola e arpeggi che si fa livorosa, poi liquida e dilatata. Parte funkadelica La Volta Buona, si lascia saturare dalla viola (onnipresente e opportuna) e si risolve in un levare orientaleggiante, al pari dellincipit di Opaca, cautamente schizofrenica sino allassolo finale di batteria e diluizioni. Lintero lavoro è percorso dagli acuti tratteggiati della chitarra elettrica, cinguettii singhiozzanti che qui diventano vero marchio di fabbrica. Lep si chiude nellonirico logorio di In Punta Di Piedi, che alterna arpeggi lievi a sfoghi impetuosi ("abbiamo preso i nostri desideri e li abbiamo calpestati"), fino al congedo di archi e stille perforanti di Fluido Rosa.
La levità cristallina degli Strange Situation sè fatta catramosa e sfocata, rimanendo un ricordo sbiadito sullo sfondo. Mezzo punto in più per il coraggio dimostrato: ripartire dalle fondamenta può essere dispendioso, ma è lunico modo per erigere cattedrali. Non vi manchi mai lambizione, ragazzi.
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