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R Recensione

6,5/10

Smashing Pumpkins

Monuments to an Elegy

Fossi un antropologo, un business planner, un aspirante operatore dell’industria discografica, approfondirei l’aspetto dei grandi della musica “rock” del passato recente che tornano o restano a fare musica in un mondo così diverso da come lo stesso appariva solo pochi anni fa.

I Muse, gli U2, i Coldplay, i Pearl Jam, i Radiohead e gli Smashing Pumkins, sono solo alcuni degli ultimi grandi dell’era pre-internet, coloro che vendevano milionate di dischi e incantavano (e lo fanno ancora, mo’ c’arrivo) tonnellate di fan, prima che la tecnologia canaglia stravolgesse tutto e aprisse un nuovo capitolo, apparentemente fuori controllo.

Un po’ come quelli che fecero i soldi con il petrolio e ora investono nella green economy, come quelli che vendevano telefoni e frigoriferi e che ora fanno tavolette elettroniche che all'occorrenza ci puoi anche chiamare tua madre, l’unica che ancora ti risponde, allo stesso modo quelli che facevano i soldi con la musica provano a farlo ancora oggi, cambiando quello che c’è da cambiare per portare ancora la pagnotta a casa. Se gli U2 pensano che la cosa migliore da fare sia mantenere un aspetto giovane (benché imbarazzante), una musica fresca e vendere il disco alla Apple che poi lo regalerà, non senza malumori, ai suoi clienti, i Muse e i Coldplay hanno puntato sull’esasperazione della grandeur e sulla magnificenza sonora, pescando spesso brutalmente nella musica che va nelle rosticcerie e nei parrucchieri per signora, sfruttando al massimo le apparecchiature tecnologiche di registrazione e riproduzione. Altri, come gli stessi Smashing Pumkins nel recente passato, hanno sostenuto la politica, un po’ hippie, del free download, salvo poi prontamente pentirsene, come un po’ anche i Radiohead e Yorke in particolare, che in aperta polemica contro le piattaforme di music streaming on-demand come Deezer e Spotify, decisero di interrompere qualsiasi tipo di relazione commerciale con questi signori, accusati di lucrare alle spalle dei musicisti, che dell’importante girò d’affari ricevevano alla fine solo le briciole. Alla fine quindi, se alcuni hanno semplicemente provato a rimanere sulla scena, fin chè c’è spazio e un discreto margine di guadagno, altri hanno puntato massicciamente  sull’aggiornamento tecnologico, tanto della musica quanto del mezzo di trasmissione. Produzioni pompose, sempre più spettacolari, suoni spaziali, potenti, ricchi, esplosivi, perfetti, pieni di effetti speciali lì ad incantare l’ascoltatore distratto vittima dell’FM ma ancora disposto a mettere un cd sotto l’albero di chi prima o poi, forse, quel cd l’ascolterà.

Detto ciò, non sono né un antropologo, né un business planner né tantomeno un aspirante operatore dell’industria discografica. Sono semplicemente uno che ha amato alla follia gli Smashing Pumkins e che ha appena finito di ascoltare, per un discreto numero di volte (ci si mette davvero poco) il loro ultimo album, Monuments to an Elegy. E devo riconoscere che, ascoltando le canzoni con assoluta tranquillità e senza pregiudizi, alla fine se ne esce meglio di come ci si possa aspettare.   

Nel nono album in studio i rinnovati Smashing Pumpkins ritrovano un pò di sana voglia di fare musica buona, regalando qualche perlina come ormai non facevano più da anni (Drum + Fife, Tiberius e, soprattutto, One and all) ma allo stesso tempo annacquando il vino con una manciata di pezzi degni della peggiore produzione moderna acchiappa faciloni (Run 2 me, Anaise!).  Non ci sono troppi rimandi diretti alla musica del passato che conta, per quanto ciò possa valere per canzoni che vedono comunque l’inconfondibile Billy Corgan alla chitarra elettrica e alla voce. Le positività che già traspiravano in alcuni sporadici momenti in Oceania trovano qui dignitosa conferma, arrivando a suggellare una quantomeno giustificabile ratio per la loro presenza ostinata sul palcoscenico che conta. 

Per quelli che sanno tutto di loro e sono curiosi di sapere come stanno messi ora e per tutti gli altri che magari qui possono trovare lo specchio per l’allodola e andare così indietro, alla ricerca di qualcosa che negli anni novanta del secolo scorso fece tremare la terra sotto i piedi ai fortunati presenti. A breve è prevista pure l'uscita di un altro nuovo album, Day for Night, inserito anch'esso come questo, e come fu per Oceania, nel fantomatico e un tantinello fumoso progetto, che risponde al nome di Teargarden by Kaleidyscope. In altri tempi, di questi tre album, gli Smashing Pumkins ne avrebbero fatto mezzo. Ma i tempi sono cambiati, che ci crediate o no.

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