V Video

R Recensione

7/10

Meat Puppets

Lollipop

I Meat Puppets festeggiano il trentennale del loro esordio, il fulminante ep “In A Car”, con una nuova fatica, nel solco del più genuino alt-country americano. Una carriera riavviata con la reunion del 2006 e che prosegue come culto praticato lontano della luci della ribalta. Destino dal quale i Kirkwood brothers furono sottratti per un attimo, come si sa, con il celebre Unplugged dei Nirvana, quando Cobain li invitò sul palco per farsi accompagnare in struggenti estratti dal capolavoro “II” quali “Plateau”, “Oh me” e “Lake of Fire”, presentando al pubblico della generazione grunge questi autentici eroi e pionieri dell’indie-rock americano. Terzetto già punta di diamante della mitica SST e titolare di un percorso mirabile, che partendo dall’hardcore è approdato a uno sperimentalismo acido immortalato nel country-rock moderno e contaminato di dischi come “Up in the Sun”, “Huevos” e “Monsters”,  fino all’esordio major di “Forbidden places” nell’anno di grazia 1991.  

Lollipop” presenta i fratelli dell’Arizona, accompagnati dal figlio d’arte Shandom Sahm alla batteria, di nuovo in buona forma dopo anni di cupe storie di droga, lavori insipidi e licenziamenti discografici. Pur non spiccando inevitabilmente per originalità, la scrittura è decisa e brillante (quasi) come ai bei tempi; sia nei momenti più morbidi e avvolgenti, ad esempio la ballata “Lantern”, in cui aleggiano le ceneri di Gram Parsons sparse nel Mojave e del Jerry Garcia più campagnolo o l’indolente “Incomplete”, con quei scabri impasti d’organo e voce di Curt, erede dei più intensi crooner country alla Gene Clark; sia quando le pennate di chitarra si fanno più torride e vertiginose come in “Vile”, “Hour of the Idiot” e “Orange”. Si ascoltano che è un piacere pure gli episodi in cui la vena power pop emerge prepotentemente (“Shave it” e “The Spider and the Spaceship”), per non parlare dei teneri ricami di “Town” e “Amazing” o dello scanzonato piglio bucolico di “Baby Don’t”. Da consegnare a un ipotetico best of del terzetto è infine la visionaria “Way that it are”, con impennate della sei corde e allucinazioni lisergiche che si rincorrono lungo i crepacci di un canyon.

Sì, c’è ancora vita nel deserto.

V Voti

Voto degli utenti: 7,2/10 in media su 3 voti.
10
9,5
9
8,5
8
7,5
7
6,5
6
5,5
5
4,5
4
3,5
3
2,5
2
1,5
1
0,5
uxola 7,5/10

C Commenti

C'è un commento. Partecipa anche tu alla discussione!
Effettua l'accesso o registrati per commentare.

Emiliano (ha votato 8 questo disco) alle 14:23 del 28 luglio 2011 ha scritto:

Tra rock desertico e power pop soleggiato. Senza dubbio uno dei miei preferiti del 2011.