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R Recensione

7/10

The Sadies

Darker Circles

Siete degli inguaribili nostalgici?

Non riuscite a vivere senza riascoltare di tanto in tanto un vecchio disco dei Byrds o dei Quicksilver Messenger Service?

Avete un’innata passione per l’alt-country, meglio se non declinato verso sperimentalismi che ne spoglino la tradizione?

Vi siete appassionati di recente all’effervescente scena canadese?

Bene, il nuovo album dei Sadies farà sicuramente al caso vostro.

I fratelli Good (di nome fanno Dallas e Travis), co-leader della band, hanno affidato la produzione di “Darker Circles” ad uno che di fare il traghettatore delle atmosfere country nel nuovo millennio ha fatto una ragione di vita: Gary Louris, già nei validi Jayhawks.

Sean Dean al basso e Mike Belitsky alla batteria completano la line-up, una delle migliori nella zona di Toronto, tanto che la New Pornographers Neko Case li ha scelti più volte come backing band per i propri spettacoli dal vivo e per alcune incisioni in studio.

A tre anni da “New Seasons” ed a dodici dall’ormai lontano esordio, i Sadies non spostano molto rispetto al proprio consueto approccio musicale, architettando undici tracce godibilissime e ben suonate che faranno la felicità di chi non si aspetta troppe rivoluzioni da un compact disc.

I momenti migliori?

Senz’altro in corrispondenza della traccia d’apertura, quella “Another Year Again” che ci regala il meglio di sé in una seconda parte figlia della miglior psichedelia chitarristica dei mitici Quicksilver.

Per chi preferisce premere sull’acceleratore saranno benvenuti i ritmi sostenuti di “Another Day Again”, chi invece vuole optare per situazioni più avvolgenti potrà abbandonarsi piacevolmente sulle rassicuranti note di “Cut Corners”, quasi un apocrifo degli Animals, o di “Tell Her What I Said”.

C’è spazio anche per i richiami R.E.M. di “Whispering Circles” e per le evidenze irish folk di “Choosing To Fly".

Meno convincenti “Violet And Jeffrey Lee” e la troppo sommessa “The Quiet One”; strappano invece la sufficienza “Idle Tomorrows” e la festaiola “Postcards".

In chiusura “Ten More Songs” vuole essere una sorta di summa del sound dei Sadies, un brano formato da spicchi di idee ben assemblate assieme.

Con un po’ di coraggio un più, e slegandosi un tantino dalla tradizione, i Sadies potrebbero in futuro riuscire finalmente a confezionare il proprio capolavoro.

Per ora vivacchiano, forti della propria abilità compositiva e consapevoli dell’innata capacità nel manovrare gli strumenti e nel saper egregiamente arrangiare il proprio materiale.

Un’altra occasione persa?

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