David Bowie
1.Outside
Quante volte nella sua lunga carriera David Bowie ha "mentito" ai suoi ascoltatori? Quante volte ha indossato maschere per raccontare storie di assurde capsule spaziali, di seducenti alieni piombati sulla terra, di messia lebbrosi che dopo aver sparso il loro verbo si suicidano, di ambigui figuri che lanciano dardi negli occhi degli amanti? Praticamente sempre, nel suo decennio storico, seppur con modalità ed enfasi differenti, ed ogni volta che ha indossato maschere ha fatto centro. Non sfugge a questa regola il suo album del 1995, 1.Outside.
Accolto all'epoca, per vari motivi, con soddisfazione non unanime dalla stampa specializzata anglosassone (non da quella italiana che si rivelo' sorprendentemente lungimirante tessendo lodi a tutto spiano) l'album sta riscuotendo solo negli ultimi anni il meritato successo. In 1.Outside Bowie veste i panni del detective Nathan Adler ed indaga sull'omicidio ritual-artistico della 14enne Baby Grace; seguendo nel booklet del cd le note del diario del detective Nathan Adler, si scopre che "il cadavere della ragazza è stato sezionato, le braccia della vittima sono state ridotte a puntaspilli da 16 aghi ipodermici che le pompavano dentro dei conservanti, l'area dello stomaco è stata slabbrata con cura e gli intestini rimossi, sbrogliati e rilavorati a maglia come una piccola rete o tela e appesi tra i pilastri del luogo del delitto, l'ingresso principale del Museo di Parti Moderne di Oxford town - New Jersey, gli arti di Baby Grace sono stati poi recisi dal torso, in ogni arto è stato impiantato un piccolo traduttore a codice binario...". Siamo di fronte ad un omicidio artistico, la morte come arte estrema, il dramma dell'orrore, come sostiene Fernanda Pivano nel mini booklet allegato alle prime copie della stampa italiana del cd con traduzione dei testi: "sono le fantasie definite nella letteratura americana neo gotiche". Le liriche si avvalgono nuovamente della tecnica del cut-up, usata già in passato da Bowie, sospettati dell'omicidio sono tale Leon Blank, Algeria Touchshriek e l'enigmatica Ramona A.Stone, ma l'elenco di nomi coinvolti è impressionante: Paddy, Miranda, un artista Minotauro...per un finale che non esiste, to be continued...
Musicalmente l'album è un fanta-noir di stampo techno-rock in cui si fondono umori industrial e tappeti drum'n'bass e jungle, il tutto è ovviamente smussato nei toni dalla tipica forma-canzone bowiana, co-autore e produttore il redivivo Brian Eno con le sue determinanti "strategie oblique" al seguito. I brani procedono senza interruzioni, legati l'un l'altro da alcuni "Segue" di rilevante interesse musicale e che danno voce ai vari personaggi coinvolti nella storia. La titletrack in apertura è uno degli highlight dell'album, la chitarra della stella Reeves Gabrels ed i treatments di Brian Eno conferiscono un'aura sinistra alla melodia resa epica dalla splendida voce di Bowie che svetta sulle energiche rullate del batterista Sterling Campbell, addirittura allievo di uno dei drummer storici di Bowie (Dennis Davis). Con Hearts Filthy Lesson (videoclip tra i più sfiziosi dei '90) i toni si fanno più cupi e claustrofobici, chitarre distorte su sottofondo noise, gli effetti sulla voce subiscono varie modifiche di strofa in strofa, brano ambizioso ma uno dei picchi assoluti di questo album insieme ad Hallo Spaceboy, altra traccia in cui le assonanze con i Nine Inch Nails sono massicce, complice un ritmo martellante che non lascia respiro, è qui che Bowie -per un attimo- lascia intravedere ambiguità del passato (hello spaceboy...do you like girls or boys, it's confusing these days).
I brani più avantgarde dell'album sono la nenia gotica Wishful Beginnings e soprattutto A Small Plot of Land, brano dal drumming irregolare, chitarra solista di Reeves Gabrels tenuta bassa nel missaggio finale ma che suona a metà tra Robert Fripp e Adrian Belew, e incantevoli "improvvisata chords" di piano del Maestro Mike Garson: siamo molto vicini alla Laurie Anderson di Big Science ed allo Scott Walker più sperimentale. Ottime anche l'intima The Motel, le cadenzate I'm Deranged e No Control, dove l'espressività della voce (diciamolo pure) sfiora livelli irraggiungibili ai più! Capisaldi dal vivo le movimentate I Have Not Been to Oxford Town ed il cyber-funk di Voyeur of Utter Destruction, l'album si chiude con Strangers When We Meet, ripescaggio dal precedente Buddha of Suburbia. Un lavoro sicuramente non facile, che richiede più ascolti per essere apprezzato, assorbito, penetrato, proprio come avvenne per i pluridecorati Low e Heroes, ma quando Bowie osa, è sempre una spanna sopra gli altri, categoria superiore.
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