Deerhoof
Friend Opportunity
Spesso quando si dice che un gruppo è diventato più pop , si associa al termine una valenza negativa: apertura al pop è spesso sinonimo di svendita, di resa incondizionata ai meccanismi di omologazione delle classifiche e delle major. Se questo può essere vero, il senso della transizione tende a cambiare di segno quando si ha che fare con artisti più o meno legati allavanguardia o comunque dediti a sonorità più ostiche e sperimentali.
In questo caso, il più delle volte, gli artisti riescono a traghettare e ricontestualizzare, dandogli nuova linfa, il proprio background musicale, con risultati imprevedibili: si pensi, per citare due esempi diametralmente opposti al Jim ORourke di Eureka! o ai Blonde Redhead di Melodies Of Certain Damaged Lemons. O si ascolti, in questo caso, Friend Opportunity dei Californiani Deerhoof.
Leccentrica band di San Francisco, dopo aver registrato la defezione di Chris Cohen, decide con questo disco di portare a compimento un percorso incominciato già un paio di dischi addietro e abbracciare, a modo loro, qualcosa che su Marte potrebbe essere definito forma canzone.
Che se qui si parla di pop lo si fa con spirito relativista: non è un disco da regalare alla sorellina di tredici anni, questo, se non volete che vi venga su zeppa di tic.
Lapproccio del gruppo resta radicale, senza compromessi e soprattutto senza confini né barriere: nel grande frullatore che va sotto il nome Deerhoof può capitare di tutto: refrain noise pop, allucinazioni lisergiche, chitarre alla Rolling Stones, squilli di tromba, passeggiate rockabilly, escursioni nel pop spaziale, divagazioni cameristiche (Whiter the Invisible), accessi di noise, galoppate power pop, sgambetti di pop demente, rumorismi assortiti, ammiccamenti al retrofuturismo lounge interrotti da chitarre stoner (The Galaxist) o assecondati da divagazioni pianistiche (Whiter The Invisible), spruzzate di funk, filastrocche twee. E ci si ferma qui solo per evitare emicranie al lettore.
Nei momenti più seri, per convergenza di timbri vocali e (a sprazzi) atmosfere potrebbe venire in mente il nome dei Blonde Redhead, ma è solo un riflesso, unimpressione che si affaccia qua e là, di tanto in tanto, per poi scomparire risucchiata da un vortice di colpi di scena musicali e svolte impreviste, tenuti miracolosamente in equilibrio precario in canzoni, finalmente, strutturate: incasellare un disco così, semplicemente, non si può.
Cè una tale ricchezza di idee, di spunti, di colpi di scena qui dentro che il recensore, umilmente, può solo limitarsi ad invitare coloro che cercano ancora qualche stimolo dalla musica ad ascoltarlo, per poter assistere al miracolo di un gruppo allapice del suo percorso e della sua maturazione artistica.
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