Steven Wilson
Insurgentes
Vero che è il primo album da solista per il cantante-chitarrista dei Porcupine Tree ma non c’è da lasciarsi ingannare: Steven Wilson ha alle spalle una carriera piena di collaborazioni e proposte che faticano a lasciarsi contare.
Per chi aveva un minimo di dimestichezza con il particolare estro wilsoniano c’era grande attesa per questo debutto, tanto da bruciare in breve tempo tutte le 3000 copie della versione bonus con aggiunta di secondo disco, ormai introvabile (sostituita, per adesso, da una versione disco + dvd). Il lavoro di packing dimostra un’attenzione maniacale per tutto ciò che circonda questo lavoro, difficilmente etichettabile e immerso tra industrial noise, drone, shoegazing e progressive rock, definito dai più semplicemente art rock.
Per chi avrà la passione e il tempo di interessarsi alla vasta operazione che ha presentato, e presenterà, questo lavoro in ogni formato possibile e con diverse modifiche, basta ricercare brevemente informazioni sulla rete, perché ci sarebbe il rischio di trattare solo dell’ambito commerciale. Di certo se ne trae l’impressione di non essere davanti a un calcolo di vendita, quanto un tipo di elaborazione strutturata e complessa, di pari livello all’aspetto compositivo, al limite del feticismo.
In fondo Wilson è una sorta di profeta della scoperta, del senso dell’esplorazione, della musica come viaggio, da intraprendere senza meta e da cui lasciarsi trascinare privi di destinazione.
Unico pezzo realmente etichettabile sotto l’insegna progressive è No twilight within the courts of the Sun, dove è facile identificare il contributo di Tony Levin e Gavin Harrison dei King Crismon. Siamo su tracciati più classici, rispetto al resto del disco, ma c’è tanta qualità da non riuscire a sorridere a un’uscita di queste qualità, targata 2009 (anche se in digitale girava dalla fine del 2008).
Non è un lavoro dal facile ascolto ma neanche fastidioso, al massimo può indurre qualcuno all’assopimento in alcuni momenti. Dipende da quanto si riesce ad amare il genere. C’è qualcosa dei Massive Attack (Abandoner), il contributo del cyberpunk di Michiyo Yagi (Insurgentes), il clima dei Pink Floyd più cupi, accenni di malinconia stile Radiohead, rifrazioni musicali che ricordano i Muse e, anche a vedere le dichiarazioni di Wilson, molto lavoro hanno fatto Joy Division e The Cure.
Insomma è difficile riuscire a delimitare Insurgentes, che è semplicemente il nome della via di Città del Messico dove si è svolta parte delle registrazioni.
Progressive e psichedelica coniugate su declinazioni nord-europee, sotto le effigi di un senso di solitudine umana, con punte di industrial noise. Qualcuno ha richiamato i lavori dei Nine Inch Nails ma i nomi già fatti qui sopra sono decisamente più appropriati, anche se meno d’impatto per il mercato contemporaneo.
L’unico tentativo sensato per dare una descrizione track by track sarebbe citare le collaborazioni di cui si avvale Wilson nelle diverse occasioni. Credo sia parte del piacere di questo disco lo sfogliare il libretto e indovinare dove c’è più influenza dei Porcupine Tree, dove i Blackfield.
Ottima la prova vocale e di chitarra di Wilson (che gode della libertà di regista dell’opera), così come le sessioni di batteria. Sacrificato sembra il suono del basso e forse ci si poteva aspettare di più dal contributo di Jordan Rudess (Dream Theater).
Per chi dovesse orientarsi all’acquisto il consiglio è aspettare che torni in circolazione il bonus disc di cinque tracce già esaurito (per i maniaci può anche andare il dvd in alta qualità, decisamente godibile). Delle canzoni lì contenute merita ricercare in rete, almeno per l’ascolto, Collecting Space e Punture Wound.
Il fine è il viaggio, non c’è niente da inventare, nessun territorio inesplorato, ma un semplice vagare, spaziando in diverse direzioni.
Questo è quanto vale la pena dire a parole, la minimale introduzione per allontanare chi di questo genere non vuol sentir parlare e stuzzicare chi non ne è disgustato. Un lavoro affascinante e allo stesso tempo inquietante (si veda anche la copertina del disco). Gli amanti del progressive rock, a non essere in possesso di Insuergentes, hanno già commesso peccato veniale.
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