Tu Fawning
Hearts On Hold
Se li sono scelti bene, i Menomena, i compagni di tour. Oltre ai deliziosi Suckers (tra i dischi art-pop dell’anno), hanno girato gli States accompagnati dai concittadini Tu Fawning, due lui e due lei non di primissimo pelo che, dopo esperienze piuttosto disparate, hanno dato vita, unendosi, al progetto giusto. Questo “Hearts On Hold”, che li vede debuttare, mette assieme la spiritualità vistosa e retrò dei Bodies Of Water, la schizofrenia scura degli ultimi Flaming Lips, fiati morriconiani e piccole jam fumose dal sapore grigio dei cieli di Portishead.
Il disco è cupo, ma contiene stramberie pazzoidi e artistoidi che lo screziano continuamente di punti di fuga inattesi, finendo per dare colore. Molto fascino proviene dall’uso inquietante dei fiati. Tromba e trombone li suona uno che si chiama Toussaint Perrault: non serve dire altro. Ascoltare gli ipnotismi da marcetta funeraria di “Multiply A House” basta e avanza. E così si scopre che altri punti di forza stanno negli arabeschi vocali di Corrina Repp (alle spalle già un disco solista nel 2006) e nelle soluzioni ritmiche, sempre disorientanti e complesse. Non a caso tutti e quattro i membri sono accreditati a ‘drums’ e ‘percussions’: questi sono musicisti selvaggi di quelli veri, e il tribalismo anestetizzato dall’organo nella rovente “The Felt Sense” sta lì a testimoniarlo.
Di quei musicisti, per dire, che non hanno paura di ricreare cortine di fumo da cafè-chantant anni ’20: eccellenti la vena jazzy e le movenze trip-hop di “I Know You Now” (roba che, oggi, solo la My Brightest Diamond più ispirata) e la psichedelia bandistica di “Hand Grenade”, capace poi di aprirsi in cori e sgusciamenti di chitarre canadesi doc.
Che alla fine, detta onestamente, mica è facile spiegare come suonano, questi Tu Fawning. Che è: art-rock teatral-funerario? Melodramma in costumi da vedove a lutto più Tom Waits al seguito? Nature morte con Arcade Fire? “Diamond In The Forest” è visionaria solennità per funzioni sacre con assaggi di piano - non a caso - molto Menomena, “Sad Story” è un tango (!) da sessissimo che poi rockeggia ruvido, olè, mentre “Just Too Much” scopre le cosce con riffettini indie-rock ruffiani (proprio i Born Ruffians vengono in mente) che però finisce col coprire subito, gabbandoti sul più bello, ed “Apples And Oranges” è miele di piano e violini quasi Fiery Furnaces, “Lonely Nights” esce diretto dal meglio di “Embryonic”.
Io non ho altro da dire. Nel senso che preferisco continuare a capirci poco. File under: best of 2010.
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