White Rabbits
Milk Famous
Terzo lavoro in studio (“Forth Nightly”, 2007; “It’s Frightening”, 2009) per i newyorkesi White Rabbits; via Britt Daniel, ecco ora Mick McCarthy – già al lavoro con gli stessi Spoon su "Ga Ga Ga Ga Ga" e "Gimme Fiction" – in cabina di regia della loro ultima fatica, “Milk Famous”. Ed una sua, conseguente, influenza nel processo compositivo, rispetto al recente passato, si nota già ad un primo ascolto: in sostanza il sound, sempre molto fisico (le due batterie), è stato declinato e incanalato in una matrice ancor più spiccatamente art-rock. E infatti, per percezione, ogni singolo apporto del sestetto americano pare scorporato in suggestioni ed ‘esperienze’ differenti, ricongiunte – solo in ultimo - in un unico vertice con le altre; e non si creda che ciò abbia comportato uno totale scarto gestaltistico tra gli elementi in gioco: i White Rabbits sono qui riusciti, come forse mai sino ad oggi, a trovare una coerenza interna ottimale entro le maglie del loro suono.
Insomma, lavoro di scomposizione, dapprima: intuizioni mescolate a riverberi e residui sperimentali (“It’s Frightening”), pattern dinamici e ritmiche mutevoli, insight di groove e melodie incompiute. Il tutto, poi, ricomposto con sapienza in un collage armonizzato a dovere, e in vesti smaccatamente pop.
“Heavy Metal” è loop hypna in reverse, collassato, contuso da fendenti di chitarra laceranti e frastagliati (sfregi che si ripeteranno in “Temporary”, indie pop danzereccio su innesti phoenixiani) come isteria del quotidiano, e sostenuto da un basso che, nell’ultima fase del pezzo, si espone fiero e in primo piano in linearità wave – Colin Greenwood. “Hold it to Fire”, che è certo brit in proiezioni di contenuta epicità (rimandi ai Blur, ai Radiohead) si mescola ad un power-pop su scia Sparklehorse. Interessante quando i White Rabbits si cimentano, di mestiere, ad impalcare imponenti groove sfacciatamente (indie) rock - su efficaci distorsioni rumoristiche al seguito: “Danny Come Inside”; via (pseudo)glitch ritmico radioheadiano, nella splendida “Back for More”. “I'm not Me” è rock ‘00s (Tapes 'n Tapes) e scopiazzamento di abbecedario garage - con spunti degni di nota nei suoi istanti cadenzati e dispari, oppure più saturi; “Everyone Can Be Confused” gioca di fluidità su rinticchi honky tonk a latenza ampia, e fragori di sei corde. C’è da dire che “Milk Famous” cede, come tenuta d’insieme, solo nel finale (“The Day you Won the War”, "I Had it Coming”), benché l’album, ed è cosa tangibile, cresca molto, e in modo piacevole, con passare degli ascolti.
Così, una New York underground in ottima forma è quella che sta emergendo in questa prima parte di 2012; anche grazie, ça va sans dire, al nuovo LP dei White Rabbits.
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