Paul McCartney
Memory Almost Full
Alzi la mano chi non ha mai cantato Yesterday o Hey jude almeno una volta nella sua vita…
Faccia un passo avanti chi non si emoziona ancora ascoltando per l’ennesima volta quell’inno alla gioia di Penny lane…
Scagli la prima pietra chi non riconosce il talento indiscusso del Macca…un estro pop sopraffino che si contrapponeva, completandosi, alla stravaganza accecante e geniale di Lennon…
Poco importa se dentro di noi scorra un sangue “Lennoniano” o “McCartneyano” quando i due soggetti in questione sono i massimi esponenti pop di tutti i tempi, capaci di creare melodie memorabili e ancora oggi estremamente attuali guidando quella meraviglia chiamata Beatles nell’olimpo dei più grandi gruppi di tutti i tempi.
Il più grande gruppo di tutti i tempi secondo chi vi scrive.
Quando lo scarafaggio abbandono le scene tra la disperazione generale (praticamente in simultanea uscirono nel 1970 Let it be – la fine di una meravigliosa e tormentata storia – e l’omonimo esordio solista di McCartney– l’inizio di una nuova era), dopo la Beatlemania, il periodo psichedelico e le perle finali, qualcosa si spense per sempre, quella mistica magia che accompagnava in studio i nostri stregoni del pop, misteriosamente, cessò di esistere e non ritornò più se non per sporadiche ed isolate visite di cortesia…
Non è infatti un mistero l’evidente calo creativo in alcuni casi decisamente lampante, in altri meno che colpì senza riserva i fab four solisti….
Anni 70: Con un Lennon sempre più impegnato nel sociale affiancato dalla consorte Yoko Ono, contro l’amministrazione Nixon, contro la guerra in Vietnam, la pace, l’amore e l’attivismo politico che influenzeranno in modo “pesante” la musica del genio ribelle in alcuni episodi anche positivamente (Plastic ono band e Imagine su tutti), Il Macca dopo l’esordio omonimo e il successivo “Ram” spinto dalla voglia di tornare in un gruppo battezzò così la sua nuova creatura: I wings
La banda vivacchiò grossomodo per circa dieci lunghi anni(dal 1971 al 1979) con risultati a dir poco controversi nonostante un immeritato ma indiscutibile successo commerciale.
Anni 80: Il decennio si apre con l’improvvisa ed inaspettata scomparsa del genio John Lennon che, tralasciando le dinamiche che ormai tutti conoscono, aveva da poco (due settimane circa) pubblicato il suo ultimo disco: “Double fantasy”(diviso in parti eque con la consorte Yoko ono).
Sul versante Macca, chiusa la parentesi Wings, a farla da padrona c’è una certa esigenza di tornare alle origini e dare un seguito filologico e fisiologico all’esordio di dieci anni prima.
“McCartney II” è infatti il titolo scelto per l’occasione e anche la carta che Paul tentò di giocare prendendo le distanze dall’eccesso di zuccheri prodotti senza soluzione di continuità nei ‘70.
Il progetto però fallì nelle sue più nobili intenzioni mancando ancora una volta il bersaglio, questa volta con i suoi discutibili e pretenziosi accenti elettronici.
Ma è solo l’inizio del decennio meno prolifico…
L’ispirazione tarda ad arrivare anche nei ’90 fatta eccezione per un discreto “Flaming pie” del 1997 tanto che per trovare un disco degno di nota bisogna infatti guardare all’ultimo lavoro uscito giusto un anno fa’ ovvero “Cahos and creation in the backyard”.
Un disco pronto fin da subito a diventare l’ennesimo buco nell’acqua, l’ennesimo bersaglio per un tiro fin troppo abusato e ormai diventato quasi “routiniano”.
Tra lo stupore generale, quell’album, si rivelò invece un piccolo diamante isolato lasciando tutti sorpresi ed incantati grazie ad un songwriting nuovamente ispirato e all’altezza della sua meritata fama.
Stilisticamente è quanto di più vicino al mood dei Beatles che il buon vecchio Paul abbia mai partorito.
Arricchito da una produzione “elegante” e pressochè “perfetta” come Nigel Gordich ci ha abituati da un bel po’ di tempo si può democraticamente affermare che “Chaos…” sia a tutti gli effetti il punto più alto della magra(sicuramente non in termini quantitativi) discografia McCartneyana.
Ed è proprio da questo punto che bisogna partire per meglio comprendere la qualità e di conseguenza la valutazione di questo nuovo “Memory almost full”…
Che cosa c’è di peggio di un inutile ed inaspettata illusione subito raggelata da una realtà cruda e sconsolante?
Come ci si sente quando si viene bruscamente risvegliati immersi ormai nel bel mezzo di un sogno?
Purtroppo, mi dispiace doverlo dire, ma è proprio questa la sensazione che si prova fin dall’opener volutamente disimpegnato di “Dance tonight”, discutibile tentativo di riprendere le sonorità di “Fine line” (buon incipit del precedente e ben più articolato “Chaos and creation in the backyard”)
Ci troviamo quindi a dover raccontare di canzoni semplicemente imbarazzanti come la conclusiva “Nod your Head” una terribile quanto personale versione della zeppeliniana “Kashmir” con la voce del Macca che risente giustamente del corso del tempo. Ma anche “Only mama know” confusa e terribilmente prodotta, per non parlare della tediosa ai limiti della sopportazione “You tell me” e la “pochezza” disarmante di “Gratitude” vuota come una spiaggia in pieno novembre...
Gli episodi che meglio funzionano sono infatti quelli che più ricordano “Chaos…” come
“Vintage clothes” “Ever present pass ” e “The end of the end ”.
Lasciando da parte l’evidente crisi creativa di Paul, l’errore più grande a mio modesto parere sta nel non aver confermato un prodigioso Nigel gordich in produzione capace(solamente un anno fa) di far “rinascere” un talento ormai giunto da troppo tempo sul viale del tramonto come quello di Sir Paul e donare un suono “limato” e “preciso” a “Chaos and creation in the backyard”, chiamando invece David Kahne vecchia conoscenza e produttore del deludente(guarda caso) “Driving rain”(2001).
Kahne, non riesce dunque a salvare nulla e dove possibile, peggiora ancor più un quadro clinico già di per sé precario.
Non tutti infatti possono contare su un carisma e un’autorevolezza tale da poter trattare con il Sir Macca senza alcun timore referenziale bocciando, quando questo risultasse necessario qualsiasi abbozzo o registrazione frettolosa o mal riuscita, proprio come Nigel riuscì a contestare più di una discutibile versione venuta come si dice in gergo “buona la prima”…
Sfruttando l’onda mediatica degli euforici festeggiamenti per i quarant’anni di Sgt. Peppers opera fortemente voluta da Paul e capolavoro indiscusso dei Beatles, McCartney pubblica quindi l’ennesimo prodotto scadente della sua mediocre(per non dire pessima) carriera solista gettando così alle ortiche la precedente e profittevole esperienza con Nigel Gordich.
Forse avrebbe potuto festeggiare in modo migliore, magari lasciando parlare da sola la musica che lo ha reso famoso in tutto il mondo, tornando con un disco di inediti magari l’anno successivo con una manciata di canzoni migliori per un progetto più fisiologicamente esigente e sentito.
Non sarà molto carino dirlo ma Paul ha perso un'altra buona occasione per star zitto.
Peccato.
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