The Cure
The Head On The Door
Dopo le bizzarrie degli ultimi anni nessuno si sarebbe aspettato da Robert Smith un album cosi' compatto, immediato e senza fronzoli: in una parola semplicemente pop. Superate le tentazioni psichedeliche degli ultimi tempi e ritrovata un'atmofera di serenita', anche grazie alla nuova formazione a cinque elementi che diventera' la classica lineup con gli innesti di Boris Williams alla batteria, dell'amico ritrovato Simon Gallup al basso e dei fidi Lol Tholrust alle tastiere e Porl Thompson alla chitarra, il disco snocciola con naturalezza gemme pop di assoluta grandezza come "Inbetween days" e l'arcinota "Close To Me", robusti innesti rock come "Push", "The Baby Scream" con ritmi uptempo e le chitarre in primo piano, senza rinnegare il passato dark con "A Night Like This" e la ballata "Sinking". Non mancano gli esperimenti che questa volta vengono fatti rientrare in un seminato piu' tradizionale passando dal suono inequivocabilmente latino di "The Blood" ai rintocchi orientaleggianti della splendida "Kyoto Song", mentre la funkettosa "Skrew" e' l'unica nota davvero stonata.
Con questo album comincia la scalata al successo della band che passa da oggetto di culto in Inghilterra ed Europa a nuove star di Billboard in America; nonostante questo il disco non e' senza difetti: in primis la produzione troppo "finta" (criticata dallo stesso Smith) con batteria e chitarre iperprodotte ed arrangiamenti a volte poco centrati (il solo di sax in "A Night Like This" fa davvero storcere il naso).
Musicalmente, l'album apre la seconda parte della carriera della band che esprimera' tutto il suo potenziale con i due album successivi e che diventera' un'icona della cultura pop anni 80 senza per questo rimanerne intrappolata, cosa molto difficile e che e' riuscita a pochissime band, guarda caso una di queste sono proprio gli Smiths dell'odiato Morrisey.
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