The View
Hats Off To The Buskers
L’ennesima next big thing pompata a dismisura dai media britannici questa volta si chiama The View. E più che sul disco ci sarebbe forse da fare una seria riflessione sulla stampa britannica e sulla sua tendenza a vedere imperdibili epifanie musicali con cadenza pressoché settimanale, ma in questa sede ci si tratterrà e ci si limiterà a parlare di musica.
I ragazzi sono scozzesi e precisamente di Dundee. Questo dovrebbe già far capire il contesto geografico, saldamente inquadrato in uno dei fulcri del pop rock britannico. A questo punto contestualizzando il tutto all’annus domini 2007, non sarà difficile intuire che i The View rientrano dritti dritti nel filone del cosidetto new rock inglese: Libertines, Babyshambles, Arctic Monkeys, Fratellis, Kooks, eccetera eccetera.
C’era effettivamente bisogno di un altro gruppo che andasse a rinfoltire questa già sterminata schiera di band? Forse no, ma questo in fondo conta relativamente, che siamo qui a parlar di musica. E in fondo quando un album è bello non si può dir niente e se le canzoni ci sono uno si rimangia volentieri critiche nate dal solo pregiudizio. Che in effetti era lecito aspettarsi il peggio prima di sentire questo Hats off to the buskers.
Non certo un capolavoro, sai ben chiaro, che non è improbabile che tra un paio di mesi ci sia già completamente dimenticati di questi simpatici ragazzetti scozzesi. Resta però il fatto che il disco è piacevole e si fa ascoltare scorrevolmente. Gli episodi positivi non sono pochi: Dance Into the Nights è accattivante per melodia e ritornello. Street the Lights è il gioiellino che luccica di più, con le chitarre a rincorrersi in un ritmo incalzante tutto fun. La genuina (e giovanile) voglia di far casino illumina la trascinante Comin’Down. Superstar Tradesman ricorda fin troppo un incrocio tra scimmie artiche e Carl Barat ma l’ascolto è comunque più che apprezzabile. Ugualmente accattivante è Same Jeans, mentre la scanzonata The Don risente chiaramente dell’influsso di Pete Doherty: influsso che il gruppo riesce comunque a rielaborare in maniera discreta. Wasted Little Dj's , infine, uno dei singoli che li ha lanciati sul mercato, è in effetti un buon esempio di melodie brit pop rielaborate in chiave new rock sotto l’onnipresente egida dei “padri” Libertines.
Non manca però il rovescio della medaglia: che il retrogusto di già sentito comincia a farsi sgradevole in pezzi come Gran’s For Tea e Wasteland, mentre affiorano numerosi segnali di immaturità,come nell’eccessiva mielosità della ballata Face for the radio, nella banalità di Claudia e Don’t tell me e non mancano costruzioni artificiose e insipide come Skag Trendy.
Non si fa fatica a sostenere che si è sentito di meglio quest’anno e facilmente si continuerà a trovare di meglio in futuro. Chi dovesse però amare particolarmente il cosiddetto “new rock” mediato con rimandi brit pop troverà comunque soddisfazione in questo esordio. Tutti gli altri sono avvertiti: The View senza infamia e senza lode. Qualche buono spunto, di certo non i nuovi salvatori del rock.
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