R.e.m.
Around The Sun
Eh si i R.e.m., quanti bei ricordi…come si fa a non pensare ad album capolavoro come Murmur, Document, Out of time e tanti tanti altri.
Come non può venirvi in mente una "It’s the end of the world", o una "Everybody Hurts" quando si nomina un mostro sacro capace di restare uno dei migliori gruppi in circolazione per oltre dieci anni, dai tempi del debutto avvenuto in quei primi anni '80 fino ad almeno metà anni '90, quantificando si potrebbe dire con l’album New adventures in hi-fi del 1996. E poi?
E poi, ladies and gentlemen, come spesso accade (e come è naturale che sia) arriva il declino, lento e inesorabile. Sì, qualche canzone discreta qua e là continuano a farla ma nel complesso diciamocelo: oggi c’è ancora bisogno di un gruppo come i R.e.m. in circolazione? Stipe e soci possono ancora dare qualcosa al panorama musicale odierno? Non dite che parto prevenuto perché il singolo "Leaving New York" mi aveva invece fatto più che ben sperare. Poteva essere il grande ritorno, la smentita di tanti mollaccioni come il sottoscritto che si ostinano a ripetere che un gruppo dopo venti anni dovrebbe sciogliersi automaticamente per conservare la propria dignità.
E invece eccoci qua. Eccomi qua. A commentare un album brutto (ma brutto brutto), in cui davvero su dodici pezzi se ne salvano a malapena quattro, un terzo quindi. Decisamente troppo poco. Per fortuna si parte da questi e si riesce a non deprimersi troppo: "Leaving New York", non per niente primo singolo) è di fatto la cosa migliore dell’album, un classico pop-folk ben fatto che rientra nel repertorio melodico dello “stile R.e.m.” senza risultare noioso ma anzi producendo un grande impatto nell’ascoltatore. Il quale potrebbe addirittura gasarsi oltre maniera dopo aver ascoltato la successiva "Electron blue", altro pezzo potente e solido dominato dal timbro vocale di Stipe. Già me li vedi i “Remiani” che dopo la seconda traccia si lanciano alle finestre per urlare al mondo “Sono tornati quelli di un tempo!”.
Poi però si arriva alle note dolenti: "The Ousiders" è povera, senza idee, assolo indecente, canto sottotono, non c’è mordente e in più c’è addirittura una parte rappata in cui Stipe stona. "Make It All Ok" è un’altra mosceria priva di sentimento, ripetitiva, ignobile!
"Final Straw" si salva parzialmente ma anche qua sembra quasi che l’uso dell’elettronica sia usato per mascherare una carenza di idee. "I Wanted to Be Wrong" infastidisce perché sembra un clone delle ballate precedenti che già erano brutte. Insomma un’altra rottura con un coretto pressochè imbarazzante. "Wanderlust" tenta invano di vivacizzare un ascoltatore ormai morto con un pop più allegro che però riesce troppo scontato, banale, privo dei ritornelli e dei giri di chitarra che hanno reso storico il gruppo. "Boy in the Well" e "Aftermath" sono semplicemente insopportabili.
A questo punto l’ascoltatore che poco fa era corso a urlare alla finestra sta seriamente meditando di tornarci per lanciare il disco in strada. Lo ferma una manciata di pezzi finali un po’ migliori. "High Speed Train" è sicuramente una boccata di ossigeno mentre "The Worst Joke Ever" è finalmente un pezzo bello in cui si torna a sentire calore e passione. L’unica pecca è forse un ritornello non all’altezza, ma ormai abbiamo capito che qualcosa si deve essere inceppato da qualche parte. "The Ascent of Man invece" è il solito riempitivo inutile. L’album si chiude con la fresca e viva "Around the Sun", e un minimo di intensità torna a farti scorrere il sangue nelle vene.
Riassumendo: su dodici canzoni si salvano le prime due e un paio alla fine. In mezzo il nulla. Anzi peggio del nulla. Nel complesso l’impressione è che si manchi di grinta, di mordente e che ci sia decisamente troppo miele senza aver l’ispirazione sufficiente per mettere assieme una manciata di ballate decenti. I tentativi evolutivi con aperture a elettronicae hip hop sono deludenti e denotano a mio avviso una grave carenza di idee. Possiamo dire che è il tramonto di un gruppo storico? Non lo so. Aspetterei il prossimo album per capire se i R.e.m. hanno ancora qualcosa da dire. Questo Around the Sun sembra buttato lì solo per far contenta la casa discografica e non mi resta che sconsigliarvelo caldamente. Non vi aspetterebbe altro che noia, noia e ancora un po’ di noia.
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