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R Recensione

9/10

R.e.m.

Murmur

Murmur . O della band venuta fuori dal “middle of nowhere”, con il classico album che suonerebbe fuori dal tempo in qualunque tempo.

Siamo nel 1983, in piena epopea new wave. Dal profondo sud degli Stati Uniti arriva il debutto sulla lunga distanza - dopo il già sorprendente ep “Chronic Town” - di un improbabile quartetto di nerd che di fatto chiude quella stagione, aprendo gli anni ‘80 del post punk e del rock alternativo. Uno spartiacque fondamentale tra l’epica rock classica ( che si riverbera in particolare nel cristallino incedere jingle-jangle della chitarra di Peter Buck) e l’angoscia poetica e istintiva di un decennio alienante, svelata magistralmente da una sensibilità celebrale appena sporcata da scorie punk. Il tutto è plasmato dai vocalizzi di Michael Stipe: litanie orientaleggianti, gorgheggi mantrici da sciamano, quella placida voracità nello sciorinare parole incomprensibili ed emettere suoni funzionali al rapporto con la musica più che al loro senso compiuto. Un approccio che farà scuola, e che conferisce un tocco oracolare, misterioso e magnetico alle dodici composizioni di “Murmur”.

Quasi tutti i pezzi hanno la statura del classico, a partire dalla celebre “Radio Free Europe”, in cui il vivido fantasma di Patti Smith danza su un ardente boogie chitarristico.

Pilgrimage” e “Laughing” asfaltano la strada di una carriera pluriennale, costellata da melodie impossibili e soffici fluorescenze folk-lisergiche, mentre con “Talk About The Passion” il canovaccio byrdsiano trova la propria pietra d’angolo, scolpita dagli androgini spasimi di Stipe. Il resto dell’ album scivola via tra enigmi e silenzi, come nella favolosa pianistica di “Perfect Circle” o nel senso di disorientamento propinato da “Shaking through”, per poi illuminarsi della tenue luce del sole sudista in lucenti perle quali “Moral Kiosk”, “Sitting Still” e “West Of The Fields”, passando per l’andamento insinuante e nervoso di “9-9” e “Catapult”.

Altri e forse più importanti passi seguiranno: eletto album dell’anno da “Rolling Stone” mentre là fuori imperversava “Thriller” di Michael Jackson, “Murmur” non è forse il lavoro più bello nella discografia targata Buck, Stipe, Mills e Berry, bensì opera di influenza incalcolabile. I suoi bagliori iridescenti, i suoi chiaroscuri disillusi saranno probabilmente gli ultimi a lasciare il cielo della Georgia.

V Voti

Voto degli utenti: 8,7/10 in media su 33 voti.

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Bodhisattva alle 21:37 del 14 aprile 2007 ha scritto:

dei r.e.m. conosco solo i loro album degli anni 90... questa recensione molto sentita e poetica mi ha convinto a scavare nella loro discografia

thin man (ha votato 9 questo disco) alle 18:10 del 22 luglio 2007 ha scritto:

thin man

Pietra angolare dell'indie rock statunitense che suona fresca ancora oggi a 24 anni dalla pubblicazione. Le potenzialità si erano comunque già intraviste nell'ep di esordio. Brani preferiti oltre ai classici Catapult e l'evocativa Moral Kiosk.

Cas (ha votato 8 questo disco) alle 19:21 del 6 agosto 2007 ha scritto:

un'altro splendido volto della new wave. Murmur, debitore del passato e proteso al futuro!

Truffautwins (ha votato 10 questo disco) alle 17:29 del 9 novembre 2008 ha scritto:

5 palle

Se non è un capolavoro questo! Il miglior disco dei R.E.M.

Mr. Wave (ha votato 9 questo disco) alle 14:39 del 2 febbraio 2009 ha scritto:

Un esordio sensazionale per una delle bands più importanti del panorama ''alternative'' mondiale. Senza l'esisteza della band di Micheal Stipe, sicuramente le grandi etichette, di certo non rivolgerebbero lo sguardo incuriosito sulla 'scena underground'. Era difficilissimo che un gruppo 'indie' potesse aver successo di migliaia e migliaia di copie vendute, nonchè un altrettanto buon risultato radiofonico. 'Murmur' resta, a mio avviso, il più importante album della band. Capolavoro

davide.pagliari1980 (ha votato 9 questo disco) alle 1:52 del 10 gennaio 2010 ha scritto:

.."Murmur"..una delle soluzioni più magiche e intriganti di sempre tra post-punk e melodia pop-rock tradizionale...tra i migliori lavori della band di Athens..sicuramente il più importante..un gioiello..

FrancescoB (ha votato 8 questo disco) alle 10:10 del 10 gennaio 2010 ha scritto:

Con il tempo i REM mi sono calati tantissimo. Ma non questo lavoro, che rimane un disco eccellente, con alcuni pezzi indimenticabili.

ThirdEye (ha votato 10 questo disco) alle 16:54 del 23 febbraio 2010 ha scritto:

Capolavoro

In assoluto il disco piu bello dei R.e.m., che a mio modesto parere, pur producendo altri ottimi lavori (Lifes Rich Pageant, Monster) mai hanno raggiunto piu livelli di tale ispirazione...

bart (ha votato 7 questo disco) alle 0:41 del 15 aprile 2010 ha scritto:

Piacevole

salvatore (ha votato 10 questo disco) alle 14:14 del 25 aprile 2010 ha scritto:

E visto che si parla di Rem, ecco il loro lavoro migliore. Mi basterebbe Talk about the passion (una delle più belle canzoni nella storia della musica, senza se e senza ma) per mettergli 5 stelle piene.

Capolavoro assoluto

Liuk Pottis alle 10:34 del 16 novembre 2010 ha scritto:

Un diamante di pura freschezza.

dalvans (ha votato 7 questo disco) alle 16:12 del 23 settembre 2011 ha scritto:

Discreto

Insomma...

Suicida (ha votato 7 questo disco) alle 19:58 del 24 ottobre 2011 ha scritto:

Quoto dalvans. I REM non mi sono mai calati; questo comunque rimane uno dei pochi momenti buoni della loro discografia..

VitruvioDeiColtelli (ha votato 10 questo disco) alle 4:25 del 5 giugno 2013 ha scritto:

Grandissimo disco, completamente estraneo ai tempi in cui è stato concepito. Un capolavoro dell'indie americano che si guadagna meritatamente la definizione di "patrimonio dell'umanità", considerando il peso che ha avuto in termini di influenze su molti gruppi a venire.Personalmente lo preferisco a Document e lo considero alla pari di Automatic For The People, gli altri due dischi imprescindibili della band di Athens.

VitruvioDeiColtelli (ha votato 10 questo disco) alle 4:25 del 5 giugno 2013 ha scritto:

Grandissimo disco, completamente estraneo ai tempi in cui è stato concepito. Un capolavoro dell'indie americano che si guadagna meritatamente la definizione di "patrimonio dell'umanità", considerando il peso che ha avuto in termini di influenze su molti gruppi a venire.Personalmente lo preferisco a Document e lo considero alla pari di Automatic For The People, gli altri due dischi imprescindibili della band di Athens.

benoitbrisefer (ha votato 9 questo disco) alle 19:16 del 7 ottobre 2013 ha scritto:

Che sia un grandissimo disco non c'è dubbio, ma che sia così estraneo al contesto musicale dell'epoca non direi. Se andiamo fuori dall'Inghilterra, dove peraltro la new wave stava spegnendosi e dove suoni più decisamente 60s oriented si stavano delineando (smiths e più tardi la creation), gli USA erano percorsi da una ventata di recupero di suoni sixthies che si rifacevano alla grande tradizione di Byrds, Velvet, Doors, 13th Floor Elevator etc. che avevano generato il cosiddetto Paisley Underground (Dream Syndicate, Rain Parade, Green On Red, True west, Three O'Clock e via dicendo). Ma anche l'altro emisfero si muoveva in direzione analoga se si pensa che nello stesso periodo di Murmur usciva lo straordinario The Blurred Crusade dei Church, non lontani certo dagli orizzonti musicali dei Rem.