King Gizzard & The Lizard Wizard
Murder Of The Universe
Il salto da Fantozzi a Tetsuo è di quelli carpiati, ne convengo. Eppure, a leggere le deliranti avventure del cyborg Han-Tyumi, che decide di fondersi con una creatura da lui stesso assemblata per ricoprire di vomito il mondo, il primissimo pensiero è andato a quella celeberrima battuta: our love can put an end to this fucking world. Non so dire se Stu Mackenzie e compagni conoscano e abbiano visto il cult movie di Shinya Tsukamoto, ma ho il sospetto che nulla sia realmente precluso a gente che usa strumenti microtonali, alterna dischi di garage ad altri di suite e scrive i propri pezzi come se fossero segmenti di un gigantesco nastro di Möbius. Nella personalissima crociata intrapresa contro il tempo (cinque dischi annunciati in appena dodici mesi), Murder Of The Universe ricopre la parte del concept post-apocalittico che i King Gizzard & The Lizard Wizard avevano più volte lumeggiato nei lavori precedenti, ma che non si era ancora mai compiutamente realizzato: un pirotecnico fumettone a tinte accesissime, unambiziosa architettura in tre capitoli e ventuno paragrafi, uno scombiccherato ibrido a metà fra Godzilla, War Of The Worlds e The Twilight Zone (se mai una cosa del genere possa essere anche solo pensata). Non vi tornano i conti? E a chi mai tornerebbero?
Ordunque, facciamo un po di ordine e ripartiamo da capo. Anzi no: ripartiamo dalla voce di Leah Senior, biondissima folksinger australiana cooptata per annunciare, in un recital stentoreo che è puro attentato alla quarta parete, gli snodi narrativi fondamentali delle vicende di The Tale Of The Altered Beast, primo terzo del disco. Se vi piace il Burroughs di Nova Express e Naked Lunch, qui troverete pane per i vostri denti: si parla di un uomo che incontra lAltered Beast, dellAltered Beast che incontra luomo, del mostro carnivoro che nasce dalla loro copula sacrilega e dellautocoscienza esorbitante che lo conduce ad una fine ingloriosa ed imperitura. Accumulo e distensione, esposizione e dispiego: tutto lo scheletro musicale di questa sezione corre sul filo dellanticipazione tematica e della ripresa a targhe alterne. Di fatto, il pezzo è uno solo, ma le sue diverse componenti vengono svelate una alla volta, in una segmentazione progressiva che si trascina per oltre venti minuti. Il mood della strumentazione si adatta di conseguenza: sgangherate sciabolate garage che si dibattono tra effettacci space-noise, imponenti riff proto-doom (i Sabbath elefantiaci della seconda metà di Altered Beast III), frenetici palm mute e intricati montanti di grande potenza (su tutti, gli incastri ritmici di 5/8 e 9/8 in Altered Beast II e lavanzare polimorfico di Altered Beast IV, lennesima conferma delle non comuni abilità tecniche del gruppo). Nulla che già non conoscessimo, sintende: ma si arriva a Life/Death (rielaborazione dello stacco melodico inserito tra 1:57 e 2:07 di Altered Beast II) con la netta sensazione di stare per assistere a qualcosa di grosso.
Detto, fatto. Il secondo terzo (The Lord Of Lightning Vs. Balrog), sorta di metafora a buon mercato delleterno scontro fra il bene e il male, si apre sullinterludio di Some Context, che resuscita gli orientalismi della vecchia People-Vultures. Semplice vezzo autocelebrativo? Non proprio, considerato che il brano centrale, The Lord Of Lightning, sintetizza mirabilmente i rumorismi dissennati di Im Your Mind Fuzz (il giro di basso conclusivo è scippato pari pari da Im In Your Mind) e larcigna elettricità ricorsiva di Nonagon Infinity, entrambi in versione squisitamente Fuzztones. I riferimenti si decuplicano anche nelle sottili stilettate orrorifiche dellottundente synth-kraut-garage della successiva The Balrog e nellepica galattica di The Acrid Corpse, che conduce direttamente tra le fauci dellultimo capitolo (Han-Tyumi And The Murder Of The Universe). La scomparsa di Leah Senior in favore di un sintetizzatore vocale è la spia di un irrigidimento, tematico e musicale, dellintero discorso. Già in Digital Black, infatti, i muscoli si fanno più pronunciati, il dramma accentuato: e se Han-Tyumi The Confused Cyborg è una semplice pausa spacey, Vomit Coffin è un doom trogloditico nel cui tozzo corpo principale si fanno largo quegli arabeschi che, nella maestosa title track conclusiva, segmentano a volumi esagerati lirrefrenabile flusso di coscienza del cyborg narrante.
Amateli o odiateli: nessuno, oggi, suona così. Game over, folks!
Tweet