Slow Warm Death
Slow Warm Death
Una morte lenta e calda: questo ti infliggono 'sti ragazzi americani, e la cosa ti piace pure.
L'album che porta il nome della band è garage-punk dalle sfumature noise che galoppa convinto e senza esitazioni. Non solca il cieli nebulosi e le profonde inquietudini degli emo-corers esistenzialisti, come la band che ha pubblicato "Whenever, If ever", ma forse anche per questo non ti delude.
Gli Slow Warm Death sono troppo allegri e cazzoni per trasformarsi in epigoni di poeti profondi e seriosi come Mike Kinsella: la loro musica è a metà strada fra il punk da collegiali depravati in stile Misfitis e le lente agonie noise di Sonic Youth/ Dinosaur Jr e dei millanta evangelizzati.
Irrobustisce una tradizione tutta americana beatamente ignorante (nel senso migliore del termine: facciamo rock e basta) che passa (pur con tutte le differenze del caso, naturalmente) per Stooges, Mudhoney e un'infinità di band punk-noise-emo degli anni '90.
La cosa che li colloca un gradino sopra la media della marea di band simili non è solo la voce, sfibrata e torturata ma tutto sommato sicura e trascinante, ma anche la buona qualità di tutte le composizioni, varie e spumeggianti al punto giusto. Altro punto a favore: la durata, sempre contenuta.
"Sunburn" è garage-rock adolescenziale, con tanto di chitarre fumanti e ritornello che immerge in una nube di rumore "moderato" gentaglia da quattro soldi come Green Day o Blink 182. Musica inverosimilmente divertita: per questo ho subito pensato ai Misfitis e alle loro orge sonore.
"Sleep" potrebbe essere uno scarto dei primi Meat Puppets: una ninnananna che ti culla mormorata e leggera, prima che subentrino schitarrate che sono puro noise-pop, e quindi aggressive ma senza strafare. "Alone" è un po' scolastica, garage-punk senza pretese, ma il minutaggio e qualche discreto solo le regalano comunque la sufficienza. La tiratissima "Liar", che farfuglia e grida sopra un riff elementare e scarnificato, è forse il pezzo più tradizionalmente punk. Il culo sulla sedia non può evitare di ondeggiare, se è questo che vi interessa. Il rock riscopre la possibilità di essere primordiale, e tutti tiriamo un sospiro di sollievo.
I "lenti" sono abbastanza interessati e piacevoli: "Kill You" è un trattore che lancia nell'aria power-chords e trascina una melodia idiota fino allo sfinimento, mentre il finale porta dalle parti di Moore e Ranaldo, solo infinitamente meno artistoidi.
Il rock spogliato di ogni ambizione, di tutto il contorno di pensieri amorfi e di elucubrazioni filosofiche. Un muro di chitarre elettriche e poco altro: gli Slow Warm Death sono questo, e ci piacciono proprio per questo.
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