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R Recensione

7/10

City Final

How We Danced

E così anche l'Italia ha il suo bel fascinoso gruppo di "new-wave", versione aggiornata al XXI secolo. Ma con diversi elementi piuttosto singolari. La proposta non è strettamente riconducibile a quanto fatto da Interpol, Editors o The National: eppure nell'incedere lussureggiante della musica è rinvenibile quella sobria eleganza della formazione di Matt Berninger, quella stessa compostezza formale, mai sopra le righe. I giri delle chitarre, ricordano talvolta le vaporose trame dei Felt, talvolta quelle più concrete di Johnny Marr degli Smiths o di Peter Buck dei R.E.M. (del periodo I.R.S.), e si avvolgono rapide in arabeschi dal gusto Sixties (The Byrds ma alla mente torna nche il “desert rock-a-billy” di Apache dei The Shadows) e reminiscenti il suono delle elettriche con effetto riverbero delle colonne sonore western di Morricone.

Un pugno di canzoni compiute e ritmicamente elaborate (un plauso sincero al drummer Andrea Fred, ormai sostituito in line-up da Giuliano Ferrari; peccato che il missaggio invece faccia rimanere più sottotraccia l'interessante lavoro del basso), raffinate ma non fino a risultare leziose, con un significativo amore per la melodia ed estremamente coese fra loro: questo il programma offerto dalla formazione romana, che ci regala una musica suadente e ombrosa, anche se in definitiva non malinconica. E' ovvio che la nota caratteriale della band è data dalla voce profonda e "decadente" di Andrea Pirro che pare lambire, in una unica impostazione, le timbriche di Lawrence dei Felt, di Steve Kilbey dei The Church, ma anche di Francesco Bianconi dei Baustelle. Tutti i nomi tirati in ballo (aggiungerei anche  Go-Betweens, Belle And Sebastian e i primissimi The Cure, quando “Pornography” era ancora distante) contribuiscono a definire il quadro sonoro dipinto dai City Final.

Il manifesto d’apertura Dance With Me, l’ondivaga Biergaten (da segnalare la presenza di Liam McKahey, cantante degli indimenticati Cousteau), la gemma “high-pop” di North On Canvas, la meraviglia di Flashforwarded At Three (uno dei più bei brani di questo 2011, con il piano a completare la grande suggestione d’insieme), la languida Sinking, la cinematografica The Lion’s Tears (ampi spazi fotografati in prospettiva “spaghetti-wave”): questi i brani cardine di un album per molti versi già maturo e quindi voglioso di farsi apprezzare. La copertina ci mette del suo, sembrando uno scatto destinato ad un disco dei Belle And Sebastian.

Di strada da fare ce n'è: ci mancherebbe altro, siamo appena al debut album. Dunque ci sarà margine di affinamento, meglio se accompagnato da un po’ di spirito di sperimentazione. Inoltre spero che nel prossimo futuro ci sia spazio a qualche divagazione puramente strumentale, poiché la musica dei City Final risulta evocativa, pur senza essere satura di arrangiamenti.  

Melodie agrodolci perfette per attraversare deserti e metropoli.

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Voto degli utenti: 7,3/10 in media su 3 voti.
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Teo 7/10
REBBY 6/10

C Commenti

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crisas (ha votato 5 questo disco) alle 0:15 del 2 dicembre 2011 ha scritto:

crisas

Terribile il cantante, specialmente quando scende di scale, rende il tutto ancora più piatto.

Lezabeth Scott alle 23:23 del 5 dicembre 2011 ha scritto:

RE: crisas

si pallosi

wednesday (ha votato 9 questo disco) alle 12:39 del 8 dicembre 2011 ha scritto:

Gran bel disco. la prima traccia super!!