R Recensione

7/10

Grimoon

Les 7 Vies du Chat

Tra Mestre e Parigi, tra la laguna e la Tour Eiffel, i Grimoon. Al secondo disco, la funambolica band italo-francese apre le porte della propria locanda e coinvolge una ricca ed eterogenea compagnia di musicisti, dai Tre Allegri Ragazzi Morti ai Black Heart Procession, in un progetto che punta alla contaminazione di generi e influenze, nel nome di un folk a metà tra la tradizione francese e il rock d’oltreoceano, in scenografie che dal circo trascorrono al giardino di casa, tra carnevale e introversione.

Solo con questa premessa si può spiegare l’estrema varietà del disco (in realtà, tra l’EP e il disco: un brano in inglese e sei in francese, due dei quali riletti in chiave italiana), la sua struttura sghemba e frastagliata, le sue pieghe inattese. Il tessuto di base sul quale giostrano i vari ospiti, in un tourbillon davvero circense, è costituito da un indie-folk velato di malinconia: nella bellissima apertura di “Mme Bateau”, racconto semi-tragico dal sapore picaresco, archi e fisarmoniche rimandano agli chansonnier d’oltralpe (penso ai Karpatt di “Dans le caillou”), in un’atmosfera che nel finale, in un crescendo, si fa ubriaca e onirica. Perla del disco, a cui la voce di Solenn Le Marchand conferisce un surplus di magia.

Poi il disco barcolla, come il battello della povera Madame: se in “La Compagnie Des Chats Noirs” si avverte l’influenza dei Tre Allegri nella melodia e nella sonorità più ruvida (e infatti Toffolo canta la versione in italiano, meno convincente di quella francese, se non altro per ragioni prosodiche), in “Julie Court”, intermezzo giocoso à la Louise Attaque, si perde un po’ di verve.

Meglio, allora, gli spazi più malinconici: “Space Puppy’s Head”, interpretata da Marta Collica, cui le interpolazioni robotiche affidano venature di folk cosmico molto affascinanti, e soprattutto “Voyage En Solitaire”, ballata nebbiosa e buia, che la voce di Thibaut Derien rende ancora più abissale. Bel pezzo notturno, durante il quale si tocca con mano la pienezza degli arrangiamenti dei Grimoon (archi, fisarmonica, tastiere, piano), non facile da trovare nel panorama italiano.

E i Black Heart Procession? Poco si sentono nel pezzo a cui collaborano, “Cirque Funambules”, composto da varie suite strumentali, tra sonorità da marching band e momenti più folk, intervallate dal parlato di Solenn. Di più, invece, si avverte la loro influenza in un brano come “L’Amour Vague”, il cui lungo finale, lento e avvolgente, tra violoncello e cori profondi, rimanda alle decadenti campate di Jenkins e compagni (e dei più ossianici Crippled Black Phoenix). 

E se le vite dei gatti, invece che sette, fossero state una decina, allora lo spettacolo sarebbe stato completo. Torneremo alla locanda Grimoon, comunque, per ubriacarci un po’ dei loro suoni: e che la compagnia dei gatti neri si allarghi e si diffonda.

V Voti

Voto degli utenti: 7/10 in media su 2 voti.
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C Commenti

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Marco_Biasio alle 19:10 del 17 maggio 2008 ha scritto:

Aprono per i Baustelle il 19 giugno, al festival di Radio Sherwood (fra parentesi).

target, autore, alle 19:25 del 17 maggio 2008 ha scritto:

Spero di esserci!

Marco_Biasio alle 12:31 del 18 maggio 2008 ha scritto:

RE:

Guarda Francè, quest'anno c'è un sacco di roba interessante. Offlaga Disco Pax, Le Luci Della Centrale Elettrica, i Baustelle appunto, un'intera serata indie rock (Canadians tra gli altri), Redworms' Farm, e per i più cazzari anche Punkreas (...mah) e Africa Unite (...boh!). Vabbè, poi in chiusura ci sono pure Afterhours e Marlene Kuntz, che però non è che mi attirino proprio tanto tanto.