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R Recensione

7/10

Laura Stevenson And The Cans

Sit Resist

Ci sono piccoli gioielli che spesso si nascondono molto bene nei sotterranei della musica indie. Perché non sempre la ricerca è semplice, o forse perché c'è talmente tanta musica in giro, che il lavoro di esplorare il materiale che merita più attenzione, sta diventando sempre più difficile. Proprio per caso ho scoperto l'esistenza di Laura Stevenson And The Cans. Tempo fa trovandomi all'estero, a Berlino, sono andato a vederli in un locale. Ed ho apprezzato il loro talento.La cantante e leader della band Laura Stevenson è nipote di musicisti, ed è dotata di una voce calda, avvolgente e molto dolce. Il suo primo disco risale al 2008, con “A Record”, ed allora suonava come solista e si faceva accompagnare da due componenti. Poi col tempo il gruppo si è allargato ed il nome è cambiato in Laura Stevenson And The Cans, diventando cosi un progetto collettivo. All'inizio di questo 2011 è uscito “Sit Resist” e molti, purtroppo, non se ne sono accorti.

Il loro secondo disco è sicuramente qualcosa di molto interessante. Perché, ascolto dopo ascolto, ha una bellezza che si fa scovare. Anche nei suoi difetti. Perché non parliamo di un capolavoro, ma di un lavoro fatto bene che comunque merita una giusta considerazione. 13 brani in meno di 40 minuti, ed un tempo che diventa leggero, tra indie-rock, folk e intermezzi country. E di pezzi che piacciono al primo ascolto ce ne sono, e pure molti. L'introduzione spetta ad "Halloween Pts. 1&2" e non poteva esserci inizio migliore. Canzone stupenda, con un crescendo lento ed un finale collettivo e travolgente. "Master Of Art" è il primo singolo del disco, ed anche qui abbiamo di fronte un altro buon episodio. La voce di Laura è suadente, mentre giro dopo giro, il pezzo acquisisce quello spessore che ti porta con via con sé. Uno dei brani migliori del disco. Poi arriva il turno di "Caretaker", ed i toni sembrano più quieti. Anche in questo pezzo esce fuori tutta la delicatezza della sua voce. Un brano lento, malinconico e riflessivo. Atmosfera più spensierata abbiamo con "The Heatly One". Brano allegro, che piace sin dal primo ascolto. Con "Finish Piece" ritorna l'aspetto più riflessivo, con un piano lento ed una voce sensuale e dolcissima. Pochi minuti che preludono l'esplosione di gioia del brano successivo con l'arrivo di "Peachy". "8:08" è un altro dei pezzi migliori del disco. Il suo ritmo è un continuo crescere ed ha un finale trascinante. Un gioiellino. "Red Clay Roots" è un piccolo intermezzo malinconico in puro stile country. Poco dopo segue "Barnacles" e qui l'atmosfera si arricchisce di fiati e di molta festosità. Il country-folk arriva con "Mountauk Monster", ed è un'altra nota di colore, tra clap, tamburelli e banjo. "The Wait" è convincente sin da subito, ed anche molto aggiungerei, mentre "The Weight" riporta il clima del disco alla riflessione, tra arpeggi ed archi. "I See The Dark" chiude l'album tra fisarmoniche e xilofoni , ed una Laura Stevenson che incanta con la sua voce.

Questo disco è veramente bello. Non sarà originale, molti lo hanno snobbato o perso per strada, ma per fortuna c'è sempre il tempo per rimediare.

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Voto degli utenti: 7,5/10 in media su 2 voti.
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C Commenti

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tarantula (ha votato 8 questo disco) alle 16:31 del 13 novembre 2011 ha scritto:

Strani tempi...quelli moderni:

musica a fiotti, artisti a go-go. Molti si lamentano che, nonostante la mole, la qualità scarseggia e si passa sopra a tanti lavori con superficialità, indipendentemente dal numero di ascolti in quanto, anche chi (come me) ascolta per molte volte un disco prima di giudicarlo, lo fa senza entrare nell'intimo dell'artista e del lavoro perché c'è la foga di passare al prossimo (che ci attende nel cassetto), con avidità...con concupiscenza.

Il recensore ci dice:

"Perché non parliamo di un capolavoro, ma di un lavoro fatto bene"

...forse sì, forse no, solo il tempo ce lo dirà...ed il tempo è l'unica cosa che manca a questo mondo che tutto macina e tritura per una foga di novità dovuta all'enorme massa di proposta.

...Non un capolavoro...o forse sì!