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R Recensione

7/10

Simona Gretchen

Gretchen Pensa Troppo Forte

“Stati di agitazione in corpo, nella testa/occhi infossati, lucidi/noie con il respiro/mi si accelera il fiato/eppure sono vivo.” (CCCP, da Socialismo e Barbarie, 1987)

Sostenere che Gretchen pensa troppo forte risulta quanto meno eufemistico: in una parola è torrenziale lo stream of consciousness che sgorga senza soluzione di continuità dalla mente tumultuosa della ventiduenne di Faenza. La canzone dei CCCP fotografa fedelmente, nella semantica come nell’attitudine, l’inquietudine trasmessa dall’artista romagnola in queste undici schegge virulente (durata media intorno ai tre minuti), ritratti sfocati e impietosi di una società impacciata, che nega appartenenze e identità. Una strega dei nostri tempi, intenta a confezionare pozioni e lanciare anatemi, con un occhio talora disincantato, altrove ingenuo, di quell’ingenuità propria di chi apprende, del bambino che ghiaccia gli entusiasmi con verità semplici, sconvolgenti, sacrosante.

Inutile negare che il primo riferimento musicale che viene in mente ascoltando il debutto sulla lunga distanza di Simona Gretchen (al secolo Simona Darchini) è quel Tregua di Cristina Donà che fu spartiacque imprescindibile per tutto l’indie rock italiano al femminile venuto prima e dopo. Ma vi si ritrova pure il livore vocale di Nada, il declamare sacrilego dello stesso Ferretti, lo scazzo indolente di Exene Cervenka degli X.

La Gretchen rinuncia alla batteria per quest’esordio (e dire che la Nostra ha mosso i primi passi nel mondo del rock improvvisandosi batterista), ma la sua formula, sanguigna ed efficace, risulta tutt’altro che semplice: molta attenzione alla stratificazione strumentale, con le canzoni che ruotano intorno a una trama acustica destabilizzata da incursioni di elettriche e intarsi di strumenti più classici (dal pianoforte ai violini). Tutto molto suggestivo, forse alla lunga un tantino monocorde, vista la prevedibile ripetitività nel susseguirsi di quest’apertura, di quel ricamo.

Ma il valore aggiunto di questa produzione sta nella vocalità diseguale, volatile, incisiva della cantautrice: lasciano a bocca aperta in tal senso il motivetto amaro di O Nostre Pelli e le improvvise metamorfosi ritmiche e umorali della personalissima Bianca In Fondo Al Mare, uno dei momenti più toccanti del disco. Spazio alle preghiere, alle apologie, alle invettive nei recitativi visionari di Non Trovo Più Le Chiavi e Vuota e nelle palpitazioni elettrificate di Le Mie Fate, Cera e Fockus. Una qualità da non sottovalutare, a quadratura del cerchio, è l’inverosimile orecchiabilità dei brandelli di marcia umanità che sono questi brani: ritrovarsi a canticchiare tutto il giorno “a volte è più forte il pensiero di avere pensato qualcosa di vero” (Alpha Ouverture) o “la dignità è incostante e mal ripaga il cuore” (Ieri)  ha effetti deleteri per la convivenza, ma decisamente prelibati per lo spirito.

Ristagna torbido nelle orecchie, alla fine dell’ascolto, un senso di inadeguatezza persistente, quasi che lo scontro dei timbri caldi e circolari delle basi con il gelo disturbante del canto si riverberi appositamente negli spazi e nei tempi.

Penserà pure troppo forte, Simona Gretchen, ma ha dalla sua personalità, giovinezza e coraggio. Questo mondo guasto, che lei stessa vitupera e maledice, avrà la riconoscenza di concederle il successo che merita?

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Voto degli utenti: 7,5/10 in media su 1 voto.
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C Commenti

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bargeld, autore, alle 22:32 del 19 dicembre 2009 ha scritto:

Refuso

L'informazione secondo la quale Simona "ha mosso i primi passi nel mondo del rock improvvisandosi batterista" è evidentemente sbagliata, in realtà è stata bassista e voce nei Karmica. Me ne scuso con i lettori e l'interessata.