Aucan
Aucan
In periodi come quello che stiamo attraversando, così pigri ed avari di emozioni, anche un piccolo sussulto è sufficiente a scatenare euforie sopite. Se la scena indipendente italiana accusa i prodromi della paralisi, ecco che da più parti ci si prodiga per trovare la next big thing, o per scorgere in qualche accenno di vita il segnale della rinascita completa.
Le tracce di questa ritrovata vitalità conducono alla città di Brescia. Don Turbolento, Edwood, Le man avec les lunettes, Black Eyed Susan e, più recentemente, la rivelazione The Records (già segnalati su queste pagine). Entrano a far parte di questa nuova scena bresciana anche questi Aucan, giovane trio allesordio sulla lunga distanza.
Aucan è frutto di due anni di lavoro ininterrotto che hanno permesso ai tre musicisti di affinare una tecnica ed un affiatamento notevoli. Dal punto di vista stilistico si muovono su coordinate math rock, creando composizioni quadrate e strutture ritmiche reiterate. Spesso esprimono quella cervellotica potenza tipica dei Don Caballero (Iena, Imho), altre volte si lanciano in asimmetriche cavalcate post-hardcore (Ac ha b) o lasciano ampi spazi ai respiri elettronici dei synth (Fauna, Urano).
Niente che non sia già stato detto e fatto. Però gli Aucan lo fanno dannatamente bene. E quando riescono ad incastrare alla perfezione le ritmiche debordanti chitarra-batteria con le melodie elettroniche dei synth (Tesla) si rimane a bocca aperta. Se vi è capitato lanno scorso ascoltando lesordio dei Battles, fate un salto a Brescia appena potete.
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