R Recensione

6/10

Biorn

Venere

Mentre il mio Pac-Man cerca di sfuggire a Pink e soci invito la mia rivale musicale a smentirsi; i Biorn sono sicuramente un tipo di musica che i vicini non sono abituati a sentir vibrare sopra il loro soffitto, quindi non è vero che ascolto “sempre la solita roba”!

Così, mentre la musica del gioco di Iwatani viene messa a tacere, parte quello che la Altipiani definisce la prima opera di un “pianeta sonoro, un modo di suonare e di sognare”.

È l’album d’esordio, che segue l’ep Verso Nord (2006), e l’amica fa notare che non è carino giocare mentre ascolti il frutto di ragazzi che cercano di farsi strada. Sic! La mentalità femminile è certamente diversa ma talvolta và assecondata. Si spenge lo schermo del PC e parte lo stereo.

La opener Siamo su una stella è un ruffiano rock che comunque riesce a farsi ascoltare senza infastidire, pur mancando di grandi spunti originali; classica struttura da pezzo di classifica con ritornello orecchiabile e pause rock prive di pericolo. Fin dal principio risulta chiaro che i delicati timpani degli ascoltatori non devono essere troppo disturbati, anche se l’intero disco tenta di unire elementi rock (qualche recensione parla addirittura di Green Day e Nickelback, ma si fa fatica a capirne il motivo) a atmosfere d’avanguardia ed elettroniche. Forse, la scarsa aggressività, sarà a causa dell’argomento; fare musica sull’amore non è mai cosa semplice e, non solo in Italia, il tema di Cupido è spesso sinonimo di rapporti platonici e calma intimistica.

La title-track dà inquietanti sensazioni; l’amica, entusiasta, comincia a chiedersi se i Biorn non siano un side-project di Tiziano Ferro o Cremonini. Sicuramente la voce trova modo di dimostrare le sue valide capacità, ma esistono metodi meno ruffiani.

Tento di riaccendere il mio amico giallo ma l’elettronica di Non mi avrai mai mi blocca (che sia una cover di Vasco Rossi?) e spinge la mia amica a muovere la testa canticchiando senza motivo. “Ehi ma qui ci sono gli Alice in Chains”, esclama.  Forse ha persino (in parte) ragione e la sorpresa aumenta quando capisco perché avevo letto dei Green Day; On air (unico pezzo cantato in inglese) è anche a livello musicale il pezzo più USA e riesce a far dimenticare che nel brano precedente (Ogni giorno) tutto c’è meno che il rispetto del ritornello; nessuno “gioca con i propri limiti” se non la cura della produzione.

La band romana cerca strade molto difficili (giocare con i generi più diversi e unire, sperimentare, spezzare i confini tra musica italiana e d’oltreoceano) ma se l’intento è coraggioso meno lo sono i risultati e l’esecuzione. Manca equilibrio e il tutto si sposta verso il melodico.

Mentre riesco a mangiare anche il quarto fantasmino (si dopo un po’ non ho più resistito) mi accorgo di come siano più riusciti i pezzi meno rock e meno sperimentali. La capacità di comporre e eseguire pezzi ascoltabili e coinvolgenti c’è, ma per fare della buona musica dovrebbe essere inevitabile osare, e qui manca esattamente questo elemento.

La speranza è che ci sia un po’ di preoccupazione e attenzione da “debutto”. Meglio non rischiare troppo e non bruciarsi. Meglio entrare nel mercato e cercare di innovare dall’interno. Seguire l’esempio del cavallo di Troia…Il rischio è (come spesso accade) farsi risucchiare da ciò che si cerca di cambiare.

La speranza è che un giorno riescano a mostrare quello che cercano di fare. Per adesso il risultato è un buon cd di musica italiana, ben congegnato e forse fin troppo curato, a discapito della musica.

V Voti

Voto degli utenti: 6/10 in media su 1 voto.
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C Commenti

Ci sono 2 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
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Alessandro Pascale (ha votato 6 questo disco) alle 14:11 del 6 gennaio 2009 ha scritto:

sostanzialente d'accordo. Anche io dai pochi ascolti distratti che gli dedicai notai delle potenzialità inespresse e molti saliscendi qualitativi. Chissà, speriamo sia la base per qualcosa di più solido

Alessandro Pascale (ha votato 6 questo disco) alle 14:12 del 6 gennaio 2009 ha scritto:

ah dimenticavo: complimenti per la recensione fresca e ben scritta. Mi sono sciolto a leggere passaggi come "pause rock prive di pericolo" ))