Giardini di Mirò
Dividing Opinions
Strano.
E inusuale commentare un disco partendo dal lavoro precedente dellautore; così è per Dividing Opinions, terza opera dei Giardini di Mirò, che arriva con quattro anni di ritardo sullannunciato abbandono dei canoni del postrock, verso la loro personale versione del pop.
E già dalle prime note della breve ma concisa titletrack, è evidente che durante questo tempo la band è cresciuta, approdando ad una forma canzone più definita ed immediata.
Soluzione adottata anche nella brillante Cold Perfection, dalla conclusione che ben si adatta ai finali epici ai quali i Giardini di Mirò ci avevano abituato dal vivo.
Ma non bisogna lasciarsi ingannare dalle prime due canzoni, il proseguire dellascolto rivela altre scritture (e letture).
La storia passata della miglior band post rock italiana fa capolino in Embers, ma soprattutto nella cupa cavalcata strumentale di Julys Stripes e nella nervosa Petit Trason con il suo esplosivo finale.
Altri percorsi, di chiara chiave elettronica mitteleuropea, si ripercuotono tra i beat di Spectral Woman e nella selenica Clairevoyance, mentre Broken By, con la sua raffinata struttura di chitarre stratificate, probabilmente rappresenta il manifesto degli intenti pop epici della band.
Ci pensa poi Glenn Johnson con un raffinato spoken word a render ancor più preziosa Self Help, altro episodio che denota la maturità espressiva raggiunta dalla band.
Dividing Opinions è di gran lunga il disco più eterogeneo e coraggioso dei Giardini di Mirò, ma al contempo forse il più diretto, il più schietto.
I Giardini di Mirò sono diventati adulti.
Niente pose in Dividing Opinions, solo canzoni dal cuore.
Che spesso sanguina.
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