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8/10

Il Teatro Degli Orrori

A Sangue Freddo

Un progetto nato senza pretese e senza pronostici, concepito come parallelo alle rispettive esperienze di One Dimensional Man e Super Elastic Bubble Plastic e cresciuto rapidamente grazie alla sua genuinità e al conseguente passaparola tra pubblico e addetti ai lavori, nonché supportato dal beneplacito pressoché totale della critica. Risultato: in poco meno di tre anni Il teatro degli orrori si consolida come una delle più interessanti e forti realtà attualmente in circolo nel Paese, progetto caratterizzato da un notevole impatto sonoro, emotivo ed intellettuale, che colpisce immediatamente per la sua intensità sotto ogni punto di vista e che fa di Capovilla l’ultimo alfiere esistenzialista.

Ogni nota, ogni parola tradiscono un travaglio e un tormento che travolgono inarrestabili, pasciuti da quell’ordinarietà, bieca e inconsapevole (forse la peggiore delle colpe), che denigrano. Del resto il lead-singer si auto-definisce un catastrofista consapevole e non c’è dunque da sorprendersi se a ricorrere frequentemente siano temi come la sconfitta e l’ineluttabilità degli eventi. Capovilla, è indubbio, ha qualcosa da dire e vuole farlo in maniera vigorosa ed incisiva, da qui la scelta, maturata qualche anno fa, di abbandonare il cantato in inglese (da sempre utilizzato con i One Dimensional Man) per passare all’italiano.

Un gesto che, in maniera di certo inaspettata per gli stessi componenti del gruppo, ha prodotto la svolta determinante: il pubblico italiano comprende finalmente i testi , li impara a memoria, li canta a gran voce, una conquista non da poco per chi, come Capovilla, ha sempre considerato il testo nella sua sacralità, come qualcosa di assolutamente non secondario o riempitivo ma, al contrario, carico di valenze e rimandi che, come una freccia scoccata, cerca bersagli da infilzare, scuotere e infiammare. L’esordio del gruppo è stato dunque fulminante, raccogliendo un numero di consensi sempre crescente e la seconda prova, si sa, è sempre un difficoltoso esame da superare, specie quando le grosse aspettative costituiscono una pressione non indifferente e quando si ha da sostenere il pesante fardello di primo della classe. Tuttavia, già dopo un primo ascolto, ci si può ben rasserenare e capire che ancora una volta ci si trova di fronte a qualcosa di particolare rilievo.

E proprio con la prima traccia, Io ti aspetto, si ha subito l’impressione di percepire uno spessore notevole, è un inizio maestosamente tragico, come un urlo munchiano, come una marea che sale, fino all'apnea, in un’attesa ossessa, che si dilata in una notte infinita, di chi ormai non giungerà più. E’ la prima disperata pulsazione di questo lavoro, il pezzo che vanta forse il maggior numero di collaborazioni dell'intera opera, con il preziosissimo apporto al piano, minimale e notturno, di Paola Segnana e la sezione archi molto ben curata da Angelo Maria Santisi e Nicola Manzan, rispettivamente al violoncello e al violino. Un intro che di certo spiazza chi ha conosciuto il gruppo all'opera d'esordio, avvezzo a sonorità tipicamente melvinsiane-lizardiane non propriamente carezzevoli, un intro che mette subito ben in chiaro l'attitudine del gruppo, non disposto a fossilizzarsi in statiche sonorità eternamente rigenerantisi.

Ma il muro di suono che caratterizzava l’opera prima, compatto ed imponente, non tarda ad arrivare ed ecco allora pezzi come Due, la title-track A sangue freddo, il serratissimo trittico di Mai dire mai, Il terzo mondo e Alt!. Il filo conduttore, come si è già detto, è dato da una spiccata tensione, emotiva ed esistenziale, che accomuna indissolubilmente ogni brano e che amalgama e rende il discorso omogeneo. Ancora una volta l’impressione che se ne trae è quella di un lavoro solido e ben strutturato, ben pensato in ogni sfumatura, con particolare attenzione alla cura dei testi, sempre caustici e visionari, ma anche di denuncia e condanna in uno scenario che permane apocalittico, con poche vie di fuga sbarrate spesso da amarezza e disillusione.

L’amore per il teatro, non solo quello di Artaud ma in particolare quello di Carmelo Bene, non rimane più solo velata citazione tra le righe ma diviene omaggio devotamente esplicito in Majakovskij, omaggio al riadattamento beniano di All’amato me stesso del drammaturgo russo, che costituisce di certo uno degli episodi più intensi ed attraenti di questo lavoro, in cui la poetica di Bene sembra fondersi perfettamente all’esasperata e sulfurea liricità di Capovilla. Altro brano di spiccato interesse, che batte la via della ricerca e della sperimentazione, è Direzioni diverse, lasciato per ultimo nelle registrazioni perché non convinceva del tutto il gruppo, motivo che ha spinto Favero a far giungere in soccorso l’amico Bob dei partenopei Bloody Beetroots (altra realtà nostrana, acclamata anche all’estero, che miscela sonorità punk ad esplosivi battiti techno-house), che ha donato al pezzo una raffinata veste minimal-electro impreziosendolo al punto da farne, almeno per il sottoscritto, uno degli episodi più pregiati del disco.

Convince anche E’ colpa mia, che si distingue per un noise più etereo e rarefatto e la chiusura affidata alla suggestiva e lisergica Die zeit che, insieme all’open-track, costituisce l’episodio dalle tinte più noir dell’opera e che ricorda atmosfere tanto care ai Massimo Volume quanto al cantautorato decadentista di Cesare Basile. Il teatro degli orrori si consolida dunque come una realtà oramai imprescindibile per il nostrano panorama indie, di uno spessore verrebbe da dire d’altri tempi, sicuramente insolito per una band contemporanea che emerge senza difficoltà da quel quasi indistinto pullulare di gruppi affollanti la nostra scena (ormai satura da tempo) ma che purtroppo risulta spesso affetto da sindrome di epigonismo e derivativismo nonché da esterofilia incipiente.

Con ciò dicendo non vogliamo affermare che la band sia esente da influenze varie (gli ormai ben noti richiami a gruppi come Melvins e Jesus Lizard e a quanto di bello è stato partorito da un’etichetta come la Touch & Go, in particolare negli anni 90), ma c’è una sostanziale differenza tra chi si lascia contaminare da molteplici riferimenti e chi invece copia e incolla passivamente senza far proprio quel linguaggio per poi portalo avanti secondo la propria estetica; Il teatro degli orrori non appartiene di certo alla seconda categoria. Unica pecca, se così la si può definire: la mancanza di un pezzo dalla sconvolgente, dolorosa profondità come La canzone di Tom, ma ci rendiamo conto che a certe piccole perfezioni esistano anche dei limiti nella loro irripetibilità.  

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Voto degli utenti: 7,2/10 in media su 43 voti.

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Mell Of A Hess (ha votato 8 questo disco) alle 6:22 del 23 ottobre 2009 ha scritto:

Ecco la recensione che attendevo!Passo domani per commento più articolato, ma DEVO votare ora!

Luca Minutolo (ha votato 9 questo disco) alle 8:23 del 23 ottobre 2009 ha scritto:

Non vedo l'ora di ascoltarlo!!! Ma ho una curiosità....Come hai fatto ad ascoltarlo se esce fra 5 giorni, e per vie "traverse" non si trova?? Avevo letto da qualche parte che rockit lo aveva postato in anteprima, ma non sono riuscito a trovarlo....

bargeld (ha votato 9 questo disco) alle 12:29 del 23 ottobre 2009 ha scritto:

Si Luca, era in streaming gratuito su alcuni siti!

Marco_Biasio (ha votato 9 questo disco) alle 21:51 del 23 ottobre 2009 ha scritto:

Tu non mi ami più, ed io nemmeno

Stupefacente. "A Sangue Freddo" è uno di quei dischi in superficie semplici, ma in realtà così ricchi di particolari e dettagli da essere compreso bene solo dopo svariati ascolti (nel mio caso, al quarto giro si è cominciato già a capire di più). La sensazione è di trovarsi di fronte, anzitutto, ad un lavoro più umano dell'"Impero", che si basava su architetture teatrali, giochi verbali luciferini, citazioni poetiche, poietiche e prosastiche, discese glottologiche negli abissi del pensiero umano. Con ciò non si vuol dire che la vena citazionista di Capovilla si sia qui esaurita, e d'altro canto basta una stupenda "Majakovskij" a sottolinearlo. E' l'insieme, in realtà, che pare essere più terreno, sicuramente più dolente e doloroso, più legato ad una forma di sentimento spesso vituperato dalla canzone leggera italiana, giusto per riprendere estratti dello stesso Pierpaolo, e qui elevato finalmente alla sua funzione primigenia di pura esaltazione. Non suonano a vuoto, dunque, gli impasti di piano, archi e theremin in "Io Ti Aspetto", come anche le riflessioni mimnermiane in "La Vita È Breve". Poi, chiaramente, ci sono anche i TDO che ben conosciamo: il riff lizardiano di "Due", con una strepitosa ascesi ritmica, l'attacco catchy della title-track - un po' povera a livello prettamente musicale, a dirla tutta -, i deliri glottologici di "Mai Dire Mai" con spiazzante chiusura corale ed acustica, i fulmini post-core de "Il Terzo Mondo", veramente incredibile per come viene modulata attraverso il timbro assassino delle chitarre e gli squilibri di accenti di Capovilla ("se non ti dan noia gli zingari... li bruciano! E poi li mandano via!": da pelle d'oca per come viene interpretato) e "Alt!", divertentissima "Carrarmatorock!" parte 2 con le "solite" parole in libertà ed una svisata di riff - quello finale in particolare - beffarda ed incisiva. Non riesco a trovare difetti, sinceramente, ad un pacchetto che bilancia perfettamente la sarcastica, ghignante, maligna ferocia dell'esordio, sposandola ad un contesto a volte delicato, a volte struggente (ancora "Io Ti Aspetto"), ancora semplicemente disperato (nel loro "Padre Nostro" ci leggo un senso d'angoscia pesantissimo, zavorra che trascina giù qualsiasi considerazione ideologica: "non soltanto Dio non governa il mondo, ma nemmeno io posso farci niente/ Se non fosse così, sarebbe terribile"). Conclusione migliore non poteva che essere affidata a "Die Zeit", vertice del disco, un tunnel nerissimo, dieci minuti di pura pece - vi collabora, fra gli altri, Jacopo Battaglia degli Zu - dove strumentazione, con quel lacerante assolo in coda, e Capovilla, specialmente Capovilla, danno il meglio di se stessi: l'assetto di "Io Ti Aspetto" completamente ribaltato e senza via d'uscita? Quello che critico, se proprio devo trovare un difetto, è la banalità più o meno comprensibile di testi come "È Colpa Mia", pure riuscita strumentalmente. Più che altro, cosa che l'ottima recensione di Marco non fa, e al quale per questo vanno i miei complimenti, aspetto di leggere un fiume di critiche su "Direzioni Diverse", colossale strappo col passato su cui tutti faranno cadere la spada di Damocle senza accorgersi, sciocchi, che la base elettronica rende ancora più sottile e claustrofobico il dramma interiore del protagonista, ingigantendone di fatto le prospettive, cosa che la precedente versione e la sua selva di riff, di fatto, non faceva. Peccato che il basso di Giulio Ragno Favero non si senta più come nella prova precedente. In ogni caso so già che, quando il disco fisico uscirà, sarà uno dei miei acquisti primari e, in particolare, si conquisterà un posto fisso nella mia Top Ten di fine anno.

Mell Of A Hess (ha votato 8 questo disco) alle 22:38 del 23 ottobre 2009 ha scritto:

Wow Marco che disamina!

Anche io son curiosa riguardo ciò che verrà detto su "Direzioni diverse", quando ho letto che avrebbero fatto quella collaborazione ammetto di aver corrugato la fronte, ma non appena è stato disponibile lo streaming non sono subito corsa ad ascoltare il brano. Ho proceduto dall'inizio, quel "Io ti aspetto" da bicchiere vuoto ritorna sui passi di Tom e detta il languore dell'intero disco, in un certo senso proprio "Direzioni diverse" ne è la continuazione ideale posta a metà (ora non ricordo l'esatto ordine della tracklist), scelta coraggiosa segno di non voler per forza soddisfare i fan legati alle scelte più "rumoristiche".

La condanna a morte di Capote trasposta nella ripetizione di un circolo vizioso di piccole morti quotidiane (dall'amore all'intolleranza and so on) in cui lo spazio per la rinascita si scava coi pugni; disco di dolori antichi che l'uomo si trascina e nel contempo tremendamente moderno, anche se in alcuni passaggi Capovilla perde un po' di inchiostro per strada. Se lo avessi tra le mani sarebbe il leitmotiv dei miei giorni, aspetto il 31 per godermi di nuovo (tra le altre)l'apertura e "Padre Nostro", "Alt" invece per ora da ciò che rimane dagli ascolti online mi sembrava un po' sottotono, semplice prosecuzione come hai detto tu, avrò modo di ascoltare e riascoltare, magari cambiando idea.

Oltre che nella top ten credo sarà il mio miglior disco italiano dell'anno!

hiperwlt (ha votato 7 questo disco) alle 12:41 del 31 ottobre 2009 ha scritto:

primo ascolto

uhm, vediamo: c'è un pezzo che spicca su tutti, "direzioni diverse". a seguire "Io ti aspetto" e "majakovskiy".

sì, è vero, il filo conduttore dell'album viene tenuto da una esponenziale tensione emotiva. tuttavia, 1) mi è parso palese che i pezzi non siano poi così congiunti tra loro, al pari del lavoro "teatrale" di "impero delle tenebre" (ed è lo stesso effetto che ho avuto ascoltando "amen" dei baustelle la prima volta). 2)mi è sembrato che i testi non stiano in equilibrio col suono,ma che quest'ultimo, a volte, sia "solo" un accompagnamento adeguato per le parole,che qualche volte eccede, altre si "riduce" a giri reiterati o a muri di suono. nell'"impero delle tenebre" la componente testo era la più importante ma paradossalmente la composizione aveva valore qualitativo euguale alla componente lirica(mi viene subito a mente "dio mio").

ma nonostante questo,il disco non mi ha stufato, mi ha coinvolto dall'inizio alla fine, mi ha rimandato un sacco di immagini e di emozioni.

commento più obbiettivo e maturo tra un bel pò di ascolti

hiperwlt (ha votato 7 questo disco) alle 12:49 del 31 ottobre 2009 ha scritto:

*aveva valore qualitativo euguale alla componente sonora

Luca Minutolo (ha votato 9 questo disco) alle 21:10 del 5 novembre 2009 ha scritto:

Questo disco stà diventando una malattia...Non riesco a smettere di ascoltarlo....FANTASTICO!!

Il Pasto Nudo (ha votato 9 questo disco) alle 14:10 del 7 novembre 2009 ha scritto:

BUGIARDI DENTRO...

...FUORI ASSASSINI...

...VIGLIACCHI IN DIVISA...

...GENERAZIONI INTERE, INGANNATE PER SEMPRE...

...A SANGUE FREDDO!!!!!!!!!!!!!!

fabfabfab (ha votato 7 questo disco) alle 16:26 del 14 novembre 2009 ha scritto:

Prossimamente voterò, per ora mi limito ad affermare che è un cazz di disco. Tra il 7 e l'8, comunque ....

bargeld (ha votato 9 questo disco) alle 19:59 del 14 novembre 2009 ha scritto:

presto anch'io... dall'8 in su.

fabfabfab (ha votato 7 questo disco) alle 19:07 del 15 novembre 2009 ha scritto:

A parte gli ovvi riferimenti (Shellac, Scratch Acid, Jesus Lizard, Oxbow, One Dimensional Man ... oops), c'è una sana e gustosa "italianità" in questo disco. Dal tono declamatorio del cantato (il Carmelo Bene post-punk della title-track), ai volontari riferimenti alla tradizione nazionale ("Alt!"). Non mi piace "Padre Nostro" (nessun problema etico-religioso, non mi piace e basta) e alcune cose nel finale. Riscattano tutto la novità "Direzoni Diverse" (quello che sarebbero potuti diventare gli Interpol) e l'assalto micidiale di "Il terzo mondo", una delle canzoni dell'anno, secondo me.

simone coacci alle 19:16 del 15 novembre 2009 ha scritto:

RE:

Abbastanza d’accordo. Sostanziale continuità col primo episodio più alcune variazioni degne di nota (“Direzioni Diverse”, “Majakovsky”) e alcune cose che proprio non si possono sentire (“ladri in limousine”, “pagherete caro, pagherete tutto”, dai, fà il bravo, neanche nei film di Michele Placido sul 68 parlano così stereotipato). Certo piantarla di scimmiottare bene non sarebbe una cattiva idea. Comunque musicalmente promossi.

simone coacci alle 19:18 del 15 novembre 2009 ha scritto:

RE: RE:

* Bene, scusa Carmelo ma se puoi perdonare Capovilla puoi perdonare anche me.

fabfabfab (ha votato 7 questo disco) alle 19:29 del 15 novembre 2009 ha scritto:

RE: RE: RE:

Ah sì Simone. Diffido dei testi "sovversivi" da quando ho sentito parlare un certo cantante hip hop partenopeo che tra "pagherete caro" e "salario garantito" dimostrava di avere le idee un tantino confuse ...

simone coacci alle 19:39 del 15 novembre 2009 ha scritto:

RE: RE: RE: RE:

"Non è rap quello dei 99 pose / mi fa le palle grosse/ esplodon come bombe delle brigate rosse" (cit.)

Marco_Biasio (ha votato 9 questo disco) alle 19:20 del 15 novembre 2009 ha scritto:

E nessuno mi cita l'enorme "Die Zeit" in fondo?

fabfabfab (ha votato 7 questo disco) alle 19:32 del 15 novembre 2009 ha scritto:

RE:

"Die Zeit" non è male ma non mi dice nulla di nuovo. Mi ricorda gli Ulan Bator di "Ego:echo" (precisamente il pezzo "Let go Ego!"). Anno di grazia 2000.

bargeld (ha votato 9 questo disco) alle 19:49 del 15 novembre 2009 ha scritto:

marco io e te siamo mooolto in sintonia...

Marco_Biasio (ha votato 9 questo disco) alle 19:54 del 15 novembre 2009 ha scritto:

E vabbè, ma citare quei cazzoni dei 99 Posse sotto una recensione del TDO è come parlare di Allevi sotto una tesi su Beethoven!

simone coacci alle 21:00 del 15 novembre 2009 ha scritto:

RE:

è stato accidentale, Marco, ogni riferimento è puramente casuale.

ozzy(d) (ha votato 8 questo disco) alle 20:50 del 15 novembre 2009 ha scritto:

Una boccata d'aria fresca.

Dr.Paul alle 21:46 del 15 novembre 2009 ha scritto:

non mi provocate... )

hiperwlt (ha votato 7 questo disco) alle 15:51 del 16 novembre 2009 ha scritto:

Le canzoni. un arrangiamento ricchissimo quello di "io ti aspetto", ancorato a una solido background simil-new vawe (addirittura!),ornato,con pronta sapienza e dedizione,dall'emotivamente struggente accoppiata violoncello-piano;rispetto alla liricità (o meglio,teatralità) della canzone,si intravede un capovilla ancorato fortemente a una confortevole, e insieme disperata, ma necessariamente illusioria, speranza del ritorno dell'amata compagna,lasciandosi,dapprima e incredibilmente, suggestionare dalla"vox populi" ("si leggono cose terribili ogni giorno nei giornali e alla tv, non parlan d'altro")e con la promessa di non farle del male al suo (probabilmente non)ritorno, poi ("una notte d'angoscia non può che diventare una carezza, sul quel dolce profilo di persona per bene che sei"); l'inflessione della voce, piegata da tumulti ansiogeni e lacrimosi("ma io ti aspetto sai, io ti aspetto"),dimostrano una volta di più, come l'ex leader dei one dimensional man, abbia il pieno controllo dell'espressione (esposizione)"artistica" del cantato.in assoluto,la mia preferita di "a sangue freddo".ad aprire le danze, finalmente, ci pensa "due",tanto ammicante e pogheggiante nella linea melodica, quanto depressa nel testo;segue "a saungue freddo",canzone utile e dilettevole: dilettevole perché piacevolissima da ascoltare (e credo anche da suonare, con progressioni divertenti e non complicatissime)e utile, in quanto consegna agli ascoltatori il messaggio/denuncia del poeta ken saro wiwa(magari la prossima volta, capovilla, sentiti con saviano, che a "che tempo che fa" c'andate anche voi!). "la vita ci spinge verso direzioni diverse",così come diversa sembra essere la piega presa dalle sonorità dei “teatro degli orrori”, in questa canzone (in modo del tutto simile a “io ti aspetto”): nasce dalla deriva elettronica, conturbante e modaiola di questo periodo, colpendo nel segno,a mio avviso, attraverso un testo e un arrangiamento essenziale, ma pulito e d’effetto sicuro.

Ed ecco carmelo bene, pardon,majakovskji, uff, capovilla, alle prese con una “non” rivisitazione dell’apprezzabile interpretazione di“all’amato me stesso”di c.b.nel cantato (o parlato, se si vuole) non ci vedo alcuna originalità (rispetto alle inflessioni e il timbro vocale, del tutto uguali a quelle del regista di “nostro signora dei turchi”) , mentre lasciano il segno le progressive architetture chitarristiche e le sterzate graffianti del basso di favero. dopo il passaggio improbabile e fiabeggiante del carroarmato(rock) “alt”, si va incontro a un’imprevista inflessione dell’album, grazie (uhm, a causa)del dittico “è colpa mia” -“la vita e breve”. La prima, riprendendo certe sonorità noise diluite da acetosi spasmi chitarristi, dal sapore retrò (chissà perché mi hanno molto klimt 1918 questa canzone), non convince, forse per il testo un po’ sottotono. Una frase “figlio mio, ci pensi un giorno, tutto questo sarà tuo”, però, colpisce proprio nel segno, enfatizzata dalla capovilliana interpretazione. la seconda, impregnata da un riff da catarsi indie, si dilunga troppo su certi fascinosi stilemi compositivi, che alla lunga risulteranno noiosi anche ai più affezionati(ne sono certo).e poi: il testo superficialotto “la vita è breve e quando meno te lo aspetti ti abbandona e ti lascia lì”(mah…) non lo risollevano di certo. la lunga cavalcata si conclude , però, risollevata dai ricordi languorosi di una relazione dalla scadenza oltre tempo massimo, con la bellissima coda post-rock “die zeit” ,canzone pensata e realizzata con il supporto degli italici zu.

canzoni forti quelle dei teatro, viziate a mio parere da una non perfetta tessitura d’insieme, che rischia di far accorciare la longevità del lavoro. seppur con le inevitabili sbavature dettate da un progetto musicale tanto ambizioso quanto prezioso per la nostra realtà musicale, rimane un disco sopra la media, che vale la pena di indossare, per sentirselo addosso, completamente.7,5

ps: una piccola recensione, scusate la prolissità del testo.

pps: il 28 suonano a rovato, se qualcuno è della zona e si vuole aggiungere al concerto, si faccia vivo

TheManMachine alle 16:36 del 16 novembre 2009 ha scritto:

Attenzione OT. Mi faccio promotore di una raccolta di firme tra gli amici e le amiche utenti e utentesse di sdm per aumentare la dimensione del carattere dei commenti alle recensioni. Ho letto il commento di hiperwit, ma anche quello di Marco Biasio, (interessanti entrambi) provando una senazione di vertigine alla fine... non credo sia una modifica difficile e credo che saremmo tutti più rilassati e contenti di leggere con minore sforzo...

Mr. Wave (ha votato 7 questo disco) alle 21:14 del 16 novembre 2009 ha scritto:

OT: aumentare la dimensione del carattere dei commenti alle recensioni.

io ci sono!

hiperwlt (ha votato 7 questo disco) alle 16:49 del 16 novembre 2009 ha scritto:

ot: eh sì, in effetti mi sono scusato per la prolissità del testo, appunto per la sensazione che descrivevi tu.uomomacchina,ok,firmo: però come hiperwLt, non hiperwit!

hiperwlt (ha votato 7 questo disco) alle 16:49 del 16 novembre 2009 ha scritto:

ot: eh sì, in effetti mi sono scusato per la prolissità del testo, appunto per la sensazione che descrivevi tu.uomomacchina,ok,firmo: però come hiperwLt, non hiperwit!

Mauri (ha votato 1 questo disco) alle 17:15 del 17 novembre 2009 ha scritto:

Grossa,grossa delusione.

Il primo disco del TDO è sul mio lettore continuamente da quando è uscito.

"A sangue freddo"nonostante gli ascolti continui secondo me rimane un disco vuoto.

Testi imbarazzanti da manifestazione in piazza alle superiori e soprattutto tanta tanta noia.

Faccio molta fatica ad arrivare alla fine del CD.

Musicalmente poi non ne voglio nemmeno parlare.

Non so cosa gli sia venuto in mente.

bargeld (ha votato 9 questo disco) alle 14:49 del 28 novembre 2009 ha scritto:

io sto con marco. nove.

Utente non più registrato alle 11:38 del 3 dicembre 2009 ha scritto:

Generazioni intere ingannate per sempre, a sangue freddo

Non sapevo chi fosse Ken Saro Wiwa prima che ne parlasse Capovilla. Volevo approfondire questo personaggio ma internet è molto spesso un mezzo freddo e lasciai correre. E' bastata una serata con Saviano su Rai 3 per avere un quadro chiaro di ciò chi era Wiwa e di conseguenza di ciò che cantava Capovilla. Il cerchio s'è chiuso in una mezz'ora. Ladri in Limousine. Eppure la Shell aveva una storia aziendale molto simpatica...che tristezza.

Album acrilico, una botta d'aria gelata per la scena italica. E il cantato/parlato di Capovilla non mi disturba nè nei suoi 'lamenti' ci leggo qualcosa di sinistra (ne ho lette di cose in giro). La gente è poco abituata a ragionare in parallelo, quest'album è costruito in parallelo! Gioca molto più suoi riferimenti letterari/di costume che non quelli musicali, insomma è un ipertesto e già per questo merita considerazione.

TomooTaniguchi (ha votato 9 questo disco) alle 2:25 del 9 dicembre 2009 ha scritto:

Capolavoro? Forse sì...

Lo preferisco di gran lunga al precedente. E inoltre (non mi sarei mai aspettato di dirlo prima o poi) più lo ascolto e più penso che sia un disco da 9.5/10. "Padre Nostro" l'avrò ascoltata (e l'ascolto tuttora) un numero non quantificabile di volte. Una preghiera moderna come si deve, alla faccia delle idiozie della Lega Nord. Altrettanto posso dire per "Direzioni Diverse", la tosta "Alt!", la titletrack o la conclusiva "Die Zeit", dove, sarà perché è la seconda traccia con Jacopo Battaglia alla batteria, sento qualche suono alla Zu...

E aggiungo che, come Rockwell, nemmeno io conoscevo Ken Saro Wiwa, se non fosse stato prima grazie a loro e poi grazie al buon Saviano su Rai 3.

TomooTaniguchi (ha votato 9 questo disco) alle 2:25 del 9 dicembre 2009 ha scritto:

Scordavo il voto...

REBBY (ha votato 6 questo disco) alle 16:30 del 14 dicembre 2009 ha scritto:

Al momento per me miglior disco italiano del 2009.

Ma tra i miei album preferiti dell'anno non ci

sono italiani. A mio giudizio il cantato, seppure

è meglio che sia in italiano, è punto troppo debole della proposta.

Filippo Maradei alle 10:15 del 7 giugno 2010 ha scritto:

Scoperto pochi giorni fa e subito rapito. Il voto dopo svariati ascolti.

Harlan1985 (ha votato 8 questo disco) alle 9:36 del 6 luglio 2010 ha scritto:

Disco italiano del 2009, e non solo

Giudizio assolutamente parziale, cresce ad ogni ascolto. Raramente ho sentito un mix di testo e musica tanto potente.

george (ha votato 9 questo disco) alle 21:40 del primo ottobre 2010 ha scritto:

lui canta d'amore e dietro c'è l'inferno!!!!!!

Giuseppe 57 (ha votato 8 questo disco) alle 11:36 del 14 ottobre 2010 ha scritto:

Sicuramente non è (per ovvie ragioni) paragonabile al loro primo capitolo. Resta comunque un bellissimo disco. Come pochi in Italia. Ottima recensione!

g.falzetta (ha votato 9 questo disco) alle 12:58 del 3 luglio 2012 ha scritto:

Che capolavoro!!! Stupendo. Il pezzo su Saro-Wiwa è bellissimo, Direzioni diverse pure, per non parlare del trittico seguente. Sono in loop da giorni!