Polar for the Masses

Silence

L'etichetta indipendente Black Nutria porge sul piatto un nuovo piattino prelibato: Silence, terzo disco dei Polar for the Masses, è infatti un'opera compatta e intrigante. Indie-rock italiano “all'americana”, tra riverberi noise, vocalità melodiche e linee sonore nervose e ruvide.

La forza del trio vicentino sta nella base ritmica solida e robusta, in grado di svariare tra varie sfumature stilistiche, giocando nell'opener Consequences con un ipnotico giro di basso dub degno dei PIL di Metal Box. Invece della voce gracchiante di Lydon si privilegia un look più accessibile e melodico, con un'andatura soffusa e ondulata al limite del bozzetto psichedelico.

È quindi un indie-style molto ben pensato quello di brani come Rust e Guilty: guitar-garage e ritornelli accattivanti che giocano su un modello più minimale alla Kills. Non mancano poi momenti più danzerecci (Dismembered, The Last Man, Ignorance)in stile DFA Records, che unite a pose popolari alla Arctic Monkeys sembrano stendere un ponte di congiunzione con le esperienze dei torinesi Disco Drive, tra i pochi gruppi italiani negli anni passati ad avventurarsi con successo nel filone.

Squisita anche la batteria di U.T.W., che tiene desta l'attenzione mentre si gioca su un leggero sfondo elettro-noise. Il vero gioiellino del disco è però Sailing Away, un pezzo che fin dai primi ascolti suona incredibilmente classico e maturo: toni vocali languidi post-grunge (alla Lanegan, o Dulli, fate voi...) seguono un riff elettrico tanto elementare quanto sorprendente per la capacità di cogliere nel segno. Il tutto combinato con una drums incantevole nel suo proporre una ritmica dinamica completamente opposta alla soffusa quiete circostante. Un brano da salvare per le compilation di fine anno insomma. Il che segna un punto in più per un album che scorre via senza troppe sorprese, ma in maniera sorprendente, un po' per la sua brevità (32 minuti), un po' per la sua piacevolezza.