R Recensione

7/10

Sikitikis

Dischi Fuori Moda

Giunto al fatidico terzo disco, il collettivo sardo si separa dalla casa accogliente di Casasonica, e decide di diventare adulto, affidando la produzione a Max Stirner, “produttore / poeta, psicologo / botanico (??), fonico / schamano”, che con sapienza e intuizione è riuscito a cogliere l'essenza live della band.

Una band potente, decisa e compatta nel suono, quanto attenta all'uso delle parole ed al significato dei testi. E il brano d'apertura, “Tu sei muta io sono sordo”, è già un bel biglietto da visita. Suoni elettronici, brano tirato, voce incazzata e ottimo testo. Si intuisce che i Sikitikis stanno facendo sul serio.

La seguente “Tsunami” propone ancora un ottimo testo, su una musica pop piacevole e accattivante. Sorprende l'uso intelligente di suoni new wave anni '80 di “Amore sul mac”, dove dominano le tastiere elettroniche, e con un interessante il ritornello cantato in falsetto. Tutta giocata su suoni elettronici anche “Willson”, mentre si discosta leggermente “Malamore”, col suo ritmo da samba del 2000. Ottima.

Ancora anni '80 in “Tiffany”, con un intro i cui suoni sembrano presi da videogiochi di quell'epoca. Grande brano di elettro pop che non sfigurerebbe affatto nella discografia dei primi Grandaddy. Bello anche il pop semplice e pulito di “Voglio dormire con te”.

Ma quello che più sorprende di questo disco dei Sikitikis sono i testi, e l'ironia acida che traspare tra le righe. A partire da “Salvateci dagli italiani” (ancora giocata su suoni elettronici) e con un interessante testo ripetuto, e “Uccidere compagni di scuola” (“ascoltiamo solo dischi fuori moda / e ci scanniamo per cazzate che non hanno senso – siamo i pronipoti della crisi mondiale / spendiamo i soldi del futuro”), per arrivare all'apice de “L'ultimo dei superstiti” (“mi sento solo quando guardo al televisione”) con quel ”i feel love” in falsetto che ricorda qualcosa (si, proprio quello....), e un testo molto semplice ma che fa pensare molto. Una bella riflessione sulla nostra società.

Si chiude con “Avere trent'anni”, ancora un grande testo lucido e ironico, in cui si parla di droga, conflitti generazionali, morale, etica professionale, sensi di colpa, insomma, della vita (“e la radio passa solo i Negramaro”)

P.S. Nel disco non ci sono chitarre, e non se ne è sentita la mancanza.

V Voti

Voto degli utenti: 5/10 in media su 1 voto.
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C Commenti

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TexasGin_82 alle 15:27 del 20 luglio 2010 ha scritto:

ah, però, eh, beh...

Così a un primo ascolto mi sono piaciute "uccidere compagni di scuola" e "l'ultimo dei superstiti", bei testi e musicalmente piacevoli. Per il voto aspetto, anche perché queste due canzoni, che sono le più belle, al momento si trovano solo in versione live sul web...