Pavement
Terror Twilight
Titolo profetico ed epitaffico per il quinto album dei Pavement, visto che pochi mesi dopo la sua uscita il sole smise davvero di illuminare le vicende del gruppo di Stephen Malkmus. Alfieri dell’indie rock americano degli anni ‘90 ( e non solo, vista l’influenza sui Blur dell’album omonimo per dirne una) e ancora oggi stella polare per la generazione O. C. (quella che ha recentemente portato i Modest Mouse al vertice delle charts di Billboard, tanto per capirci).
Non è capire difficile perché i Pavement si sciolsero. “Terror Twilight” è un album in alcuni frangenti flaccido, anche a causa della produzione troppo leccata di Nigel “Prezzemolo” Godrich ( nel frattempo diventato popolarissimo grazie ai Radiohead).
Se volle essere il tentativo di agguantare quel successo che Malkmus e soci mancarono alla metà della scorsa decade, quando pubblicarono un album introverso e coraggioso come “Wowee Zowee”, tale tentativo fallì.
Nonostante siano rintracciabili sapide influenze beatlesiane ( “Spit On Stranger” e “Carrot Rope”), e con l’archetipo di “Pale Blue Eyes” dei Velvet Underground che stende ancora la sua ombra (come già nel precedente “Brighten The Corners”), in ballate un po’ opache quali “Major Leagues” e “Ann Don’t Cry” , questa patina più accessibile non fu comunque sufficiente a violare le barriere del mainstream.
Non convincono troppo nemmeno i tentativi di rinnovare il loro canovaccio con lo stralunato ibrido folk-blues di “Folk Jam”, il jazz triturato e sgangherato di “Speak, See, Remember” o l’omaggio ai Cream di “Platform Blues”.
Il quintetto di Stockton trovò comunque la forza di segnare almeno il gol della bandiera, riannodando il filo dei primi album: sia in oblique ballate dall’andamento estatico e trasognato ( “You Are A Light” e “Billie”), sia con l’armonica distorsione chitarristica dell’ottima “Cream Of Gold” e di una “The Hexx” che sembra sottratta clandestinamente al repertorio del Neil Young più elettrizzante.
Ma davvero non era abbastanza, e il gruppo ebbe il buon senso di capire che loro musica si era fatta stanca maniera e il sciogliete le righe fu quanto mai azzeccato. Da allora, un culto che non manca di generare proseliti, oltre alla carriera solista di Stephen Malkmus. Sperando soltanto che il Dio del rock, se ancora ne esiste uno, scongiuri il rischio di una reunion, come ogni tanto paventato.
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