R Recensione

8/10

Times New Viking

Rip It Off

Ma è mai possible che in giro ci sia ancora qualcuno con una visione della musica che prevede sia lascivia, rumore, approssimazione tecnica e in definitiva un gran casino sonoro? Possibile che in giro ci sia ancora qualche illuso che evade dalle influenze world ormai onnipresenti, dagli ibridismi col funk, con l’elettronica, col reggae, col samba e magari anche con la macumba? Possibile che in giro ci sia ancora qualcuno che proponga un ritorno alle radici del rock?

Si, è possibile. E sono questi i momenti in cui verrebbe voglia di ringraziare il cielo se si avesse uno straccio di fede religiosa.

E invece i ringraziamenti vanno a loro, a questi tre ragazzi dell’Ohio che con una chitarra (Jared Phillips), una batteria (Adam Elliott) e una tastiera (Beth Murphy) riescono a entusiasmare e a portare una ventata di freschezza sonica nell’aria un pò troppo stantia e intellettuale del più recente panorama rock indie e alternative.

Non è tanto la qualità dei brani (peraltro ottimi) che entusiasma bensì l’approccio con cui il trio suona. È quell’approccio un pò menefreghista e un pò casinaro che parte dal presupposto che si suona per divertirsi, che a volte, è bene ricordarlo, è bene che il rock sia solo questo: divertimento potente, genuino e rabbioso. E allora ecco che come i Pavement i Times New Viking snocciolano splendide melodie sghembe (The wait, Drop-out); ancor più di White Stripes e Black Lips non si preoccupano di registrare in un suono low-fi volutamente pessimo e scadente (in Come together, e non solo lì, si fa fatica a sentire la cantante...), tanto che i loro dischi sembrano bootleg rubati di nascosto a un vecchio gruppo noise come i Brainiac.

Altro pregio dei Times New Viking è la loro natura musicale decisamente viscida e sporca (sentire Relevant: now), ancora più estrema di gruppi contemporanei come Be Your Own Pet e Ikara Colt; si avvicinano forse al furore dei Comets on Fire senza averne però la prolissità tecnica. L’anima infatti è schiettamente garage-punk (Faces on fire, Mean god) e non a caso solo un brano dei sedici che compongono il disco supera i tre minuti. Il fatto di avere una signorina alla voce (Beth Murphy) che urla e strepita come un’anima impossessata dal demonio (The apt., Post teen drama) obbliga poi a ricordare il movimento delle riot girls e il punk al femminile (Bikini Kill, Babes in Toyland, le antesignane Slits, o anche solo delle Sleater Kinney più rudi). Tuttavia sotto la scorza delle chitarre mai fini a sè stesse vige la legge del ritornello e della bella melodia pop (Off the wall), sebbene ci sia ampio spazio per volute stonature (Rip allegory). In mezzo a tutto questo trambusto regna la distorsione e il low-fi, e quasi stupisce di riuscire a percepire la tastiera in splendidi brani come Teen drama. Eppure anche questa ha il suo perchè: rende corposo un suono già succoso e gli fornisce un tocco di classe che in effetti non guasta (e Another day ne è una testimonianza).

E allora via così fino allo splendido split strumentale con gli Yo la Tengo, sentore velvettiano incrociato con prezioso garage melodico. E si arriva al termine un pò storditi, un pò stonati... E viene voglia di riascoltarsi anche i precedenti Dig yourself (2005) e The paisley reich (2007) che puzzano ugualmente di squisito lerciume. Forse è solo rock’n’roll, ma continua sempre a piacerci.

V Voti

Voto degli utenti: 6,3/10 in media su 3 voti.
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REBBY 5/10

C Commenti

Ci sono 2 commenti. Partecipa anche tu alla discussione!
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REBBY (ha votato 5 questo disco) alle 15:55 del 26 febbraio 2008 ha scritto:

troppo rumore per i miei gusti.

otherdaysothereyes (ha votato 8 questo disco) alle 16:47 del 14 novembre 2011 ha scritto:

Bello bello, me lo ero fatto sfuggire a suo tempo. Assomiglia e regge il confronto con the airing...dei Titus Andronicus dello stesso anno!