Wavves
King Of The Beach
Nathan Williams, in arte Wavves, è un cazzone.
Ma non un cazzone qualunque; lui è il cazzone per antonomasia della sua generazione.
Annoiato, sfatto, incapace di suonare la chitarra, piantato sulla sua poltrona di pelle sdrucita protetto da un fortino di lattine di birra vuote ed un cestino di pollo fritto mezzo rosicchiato e stantio.
Eppure sputa giri killer di chitarra, surf punk scanzonato in lo-fi. American Pie DIY sotto acido. Ciancica melodie surf di cartapesta, cavalca un onda acida ed elettrica usando la sei corde come tavola (la paraffina non è stata pervenuta durante la perquisizione).
In una sola frase: La nobile arte di non fare un cazzo da mattina a sera, o meglio zocca, come storpiavano bonariamente i Fratelli Calafuria.
Wavves ha la forza trascinante dellapatia riflessa nei suoi occhiali goffi e scuri, e si delineano nei suoi contorni smagriti e pallidi le linee generali di una generazione intera: disillusa, indolente, che non reagisce e che fa festa per non pensare. Che si sveglia al mattino con la gola secca puzzolente di alcol e bile, i capelli arsi dalla salsedine e la maglietta intrisa di legna bruciata ed erba.
In King Of The Beach (mai titolo fu più azzeccato) lelemento di bassa fedeltà e DIY di Wavves viene smussato dalle mani inesperte di una vera non-band alle sue spalle, una sezione ritmica rigorosamente scapestrata, che permette al nostro anti-eroe di dar sfogo alle sue scorribande punk di basso rango.
Laddove i semplici fraseggi dimpatto immediato surf-punk sono sempre ben presenti (King Of The Beach), il ragazzo si diverte a smanettare con i giochini elettronici presi in prestito dagli electro-freak Animal Collective. Dove questi ultimi sono giocano nel ruolo di proprietari di questo stabilimento balneare, Wavves fa il bagnino maldestro che ci prova spudoratamente con tutte, tentando di riportare a galla i fondali marini del Collettivo Animale (Baseball Cards) o praticando insufflazioni via bocca al corpo morto e cianotico di un Brian Wilson travolto da un onda anomala (Mickey Mouse), maneggiando in modo semplice ed efficace drones, beat liquidi e riverberi sfocati e impalpabili come spuma marina. Ma i fedelissimi duri e (s)puri di Wavves non hanno da spaventarsi, perché la sua teenage angst è ancora viva e pulsante di battiti sistolici (Super Soaker e Linus Spacehead sembrano rubate di soppiatto da Incesticide) e gode di ottima salute compositiva (impossibile restare fermi di fronte al trascinante singolo Post Acid) e verve scazzata, come la risata isterica posta in apertura di Idiot, che da sola riassume tutta la filosofia Wavvesiana.
Il mondo va a rotoli? Chissenefrega! Io surfo sulla mia tavola e copro la mia chitarra di effetti e zozzure mentre mi ingozzo di birra; almeno fino a quando la marea nera non raggiungerà la riva, le corde si spezzeranno e il grano non crescerà più nei campi di luppolo del terzo mondo.
Meglio non pensare a certe cose, che si campa meno, ma sicuramente meglio.
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