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R Recensione

6,5/10

Joy as a Toy

Dead as a Dodo

Non è facile addentrarsi nelle sonorità poco accoglienti dei Joy As a Toy, soprattutto se ci cerca qualcosa che al primo ascolto riporti immediata un'immagine musicale ben definita. Ma quello che si nasconde sotto il genere al quale loro stessi affermano di appartenere, il Vampire Rock, è un dedalo di visioni che emergono da una spettrale oscurità o da una fitta nebbia, come in un film horror. E non è un caso che ci si trovi a parlare di questo genere cinematografico ascoltando Dead As a Dodo: si tratta di un progetto nato al “Festival Internazionale di Film di Fantascienza” di Bruxelles dove, in una serata organizzata dall'etichetta discografica Cheap Satanism Records e intitolata “ZomBIFF night”, il trio composto da Clement Nourry, Gil Mortio e Jean-Philippe De Gheest ha incontrato il navigato bassista Pierre Verloesem che per l'occasione ha abbandonato il suo strumento per mettere le mani e l'ispirazione su un sintetizzatore analogico. Quello che per una sera è stato nient'altro che un gioco, un'opportunità di divertimento quasi fanciullesco, si è poi trasformato in qualcosa di concreto che ha prodotto il secondo album dei Joy As a Toy, due anni dopo il loro debutto con Valparaiso.

In questo disco le immagini, esattamente come in un film horror, emergono lentamente dalla musica, dal buio di una notte tempestosa o dalla nebbia di una brughiera desolata: le distorsioni elettroniche del synth creano la suspense di Dario Argento, i ritmi serrati della batteria campionata fanno vivere l'angoscia strisciante di Alfred Hitchcock, le grida agghiaccianti che inghiottono la musica spingono la mente a quei B-movie epocali al limite del grottesco (quelli che forse permisero forse l'ideazione di un capolavoro come The Rocky Horror Picture Show).

Dead As a Dodo fa un riferimento costante alle immagini, dalla prima traccia, dove il rumore dell'acqua di una doccia e le grida femminili ricordano immediatamente la scena madre di Psycho, fino all'ultima, che disegna in qualche modo gli scenari desertici attorno al locale maledetto di Dal Tramonto All'alba, passando per la convulsa “Love Zombie”, in cui rumori esterni, grida e distorsioni riportano il più irrefrenabile dei deliri pulp. Quest'album sembra così presentarsi come la soundtrack di un film mai realizzato in cui le scene più vive nella memoria degli spettatori del genere horror scorrono in un montaggio esaltante, possibile soltanto grazie alla musica.

Eppure, se ci si sofferma un momento in più su questo lavoro dei Joy As a Toy, ci si accorge che è proprio la musica ad esserne l'elemento più importante: ascoltandolo, infatti, le immagini passano nella mente dell'ascoltatore e si manifestano come se fossero effettivamente di fronte ai suoi occhi, con tutta la loro atmosfera di orrore. La musica è presente con una forza decisiva, perchè è capace di rilassare lo spettatore con una litania innocente che prepari il terreno al colpo di scena di una violenza nascosta dietro l'angolo e pronta a mostrarsi in un colpo di pistola o nel rumore tremendo di una motosega, nello squillo a vuoto di un telefono o nel crescente ansimare di un respiro che si trasforma in un gemito e si spegne in un grido.

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